Manifesto dei Valori del Partito Democratico
Manifesto dei Valori
del Partito Democratico
Approvato dall’Assemblea Costituente Nazionale il 16 febbraio 2008
1. Le ragioni del Partito Democratico
La nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica,
ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana. È in campo una forza che si propone di dare al Paese,
finalmente, una nuova guida. Si riapre una speranza, si può tornare a pensare il futuro. Questa grande
forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e politiche riformatrici del
Paese, si pone il compito di mobilitare le energie e i valori del nostro popolo per rimettere questo Paese in
cammino. Bisogna fare un’Italia nuova. Questa è la ragione ed è la missione del Partito Democratico:
ricollocare l’Italia negli inediti scenari aperti dalla globalizzazione del mondo, riunire gli italiani sulla
base di un rinnovato patto di cittadinanza, dare loro la coscienza e l’orgoglio di essere una grande
nazione.
Non possono più restare senza risposta le grandi domande dei giovani i quali, per la prima volta
dal dopoguerra, non hanno fiducia nel futuro e temono un destino di precarietà e insicurezza permanenti.
È tempo di abbattere gli ostacoli che vengono da una società chiusa, soffocata dai corporativismi, e che
difende l’esistente e le rendite di posizione. Ridare voce ai giovani è essenziale perché sono loro a porre
quella domanda di valorizzazione dei talenti e delle energie e di liberalizzazione della società che è ormai
ineludibile.
La possibilità e la necessità stessa di questo disegno sono nelle cose. Una gran parte degli assetti
sociali e delle strutture di governo dello Stato e dell’economia italiani è diventata anacronistica e non è
più in grado di rispondere alle nuove sfide della mondializzazione. A ciò si è aggiunto il fatto che un
sistema politico rissoso e frammentato ha indebolito gravemente la capacità dei governi e delle istituzioni
democratiche di prendere le grandi decisioni che sono necessarie allo sviluppo del Paese. Si è creato così
un vuoto politico molto pericoloso, che ha dato spazio alla demagogia populistica, all’arroganza di
ristrette oligarchie e anche a poteri opachi che tendono a sottrarsi al controllo della legge e delle
istituzioni democratiche.
Il Paese, di conseguenza, perde fiducia in se stesso e non utilizza tutto il suo potenziale di
crescita, non investe a sufficienza nella ricerca, nella cultura e nell’educazione, non si mette in condizione
di generare nuove iniziative imprenditoriali, penalizzando così le giovani generazioni, il talento delle
donne, le forze creative della nazione. Diventa reale il rischio che l’Italia si declassi nel mondo e si divida
tra aree forti, integrate in Europa, ed aree marginali e dipendenti; tra ceti capaci di competere con
successo nel mondo globalizzato e vasti strati sociali in sofferenza, di nuovo in lotta con la povertà.
Il Partito Democratico nasce per affermare che questo non è un destino inevitabile. Il suo
messaggio di fiducia parte dalla convinzione che le energie del Paese sono grandi e possono essere
risvegliate attraverso un processo di profondo rinnovamento della società italiana e la formazione di una
nuova classe dirigente, in grado di tornare a guidare gli italiani sulle vie del mondo, quelle vie che un
grande popolo come il nostro ha saputo percorrere per secoli con la sua civiltà.
Questa è la novità del Partito Democratico. Nasce un partito che è determinato ad affrontare il
nodo che sta soffocando il paese: la mancanza di una democrazia forte, in grado di decidere. Proprio
perché non si riconosce più in rigide ideologie di appartenenza, la società italiana ha bisogno di un nuovo
quadro politico di riferimento. Nel Partito Democratico confluiscono grandi tradizioni, consapevoli della
loro inadeguatezza, da sole, a costituire questo riferimento. Grandi tradizioni, tra le quali quel profondo
processo unitario che fu alla base della lotta al fascismo e della guerra di liberazione. Un processo
politico, ma anche ideale e sociale, che consentì alla vecchia Italia di compiere una rivoluzione
democratica. Tuttavia il problema di oggi, se vogliamo far rivivere questo patrimonio, non è mettere
insieme i resti di storie passate, ma elaborare una visione condivisa del mondo, costruendo su questa base
il progetto di una nuova Italia.
In questo difficile passaggio, il Partito Democratico rappresenta lo sviluppo e la realizzazione
dell’Ulivo, come soggetto e progetto di centrosinistra nel quadro di un bipolarismo maturo. Un partito
democratico e riformatore non solo nella sua ispirazione ideale e programmatica, ma anche in quanto
attivamente impegnato a promuovere l’evoluzione e la riforma del sistema politico-istituzionale verso una
democrazia competitiva, imperniata sulla sovranità del cittadino-elettore, arbitro della scelta di governo.
La vocazione maggioritaria del Partito Democratico, il suo proporsi come partito del Paese,
come grande forza nazionale, si manifesta nel pensare se stesso, la propria identità e la propria politica,
non già in termini di rappresentanza parziale di segmenti più o meno grandi della società, ma come
proiezione della sua profonda aderenza alle articolazioni e alle autonomie civili, sociali e istituzionali
proprie del pluralismo della storia italiana e della complessità della società contemporanea, in una visione
più ampia dell’interesse generale e in una sintesi di governo, che sia in grado di dare adeguate risposte ai
grandi problemi del presente e del futuro.
Nasce da qui l’esigenza di costruire un bipolarismo nuovo, fondato su chiare alleanze per il
governo e non più su coalizioni eterogenee, il cui solo obiettivo sia battere l’avversario. Ciò che noi
vogliamo è coniugare l’intransigenza sui princìpi e sui valori, la passione per i grandi obiettivi politici e
programmatici che motivano la scelta per il centrosinistra, con il rispetto per gli avversari, il ripudio della
violenza reale e simbolica, il senso del limite della politica, la sua laicità.
Il superamento della crisi della politica può essere perseguito solo attraverso la promozione di
una nuova classe dirigente e un rinnovamento delle sue forme di selezione che stabilisca un rapporto più
diretto e costante fra la politica e la società, riduca i privilegi impropri della dirigenza politica e la
elefantiasi degli organismi istituzionali.
La libertà delle donne sta cambiando il mondo. Le donne si collocano al centro del ripensamento
profondo che è in atto e che riguarda i modi in cui si sviluppano le società umane. Esse impongono un
cambiamento radicale nelle relazioni tra le persone. Tuttavia sono oggetto di reazioni feroci, di violenze
sessuali, di violazioni del corpo. Contro tutto ciò noi abbiamo il dovere di combattere. Anche in Italia la
presenza delle donne nel lavoro e nella vita civile ha rappresentato una parte rilevante della crescita
economica e culturale e ha condizionato la nostra modernizzazione. È tempo quindi di superare gravi
ritardi e di aprire le porte alle donne dando loro non solo gli stessi diritti ma anche le stesse opportunità in
tutti i campi, compresa la politica. L’Italia non è giusta né forte se impedisce alla metà del Paese di
esprimere al meglio i propri talenti. Le donne sono le prime interessate al rinnovamento della politica.
Perciò il Partito Democratico sarà coerente rispetto alla grande novità con cui si è presentato al Paese: il
50 per cento di donne nelle sue assemblee costituenti nazionali e regionali.
2. Un partito aperto nel mondo globalizzato
Il Partito Democratico si presenta agli italiani come un partito aperto, uno spazio concreto di
dialogo costruttivo e propositivo; un laboratorio di idee e di progetti, in cui le diverse storie politiche,
culturali ed umane che sono venute a formarlo diventano fattore di arricchimento e fecondazione
reciproca; un soggetto politico nuovo che vuole affrontare le radicali trasformazioni in atto in Italia, in
Europa e nel mondo.
La sua progettualità politica non può prescindere dagli scenari aperti dalla globalizzazione: un
processo che instaura legami sempre più fitti e irreversibili di interdipendenza fra nazioni, popoli e culture
a livello planetario. Un’intensa circolazione di persone, di merci, di capitali, di idee, di risorse attraversa e
trasforma i continenti, determinando geografie umane, economiche e finanziarie che sfuggono alle
definizioni e ai controlli tradizionali. È questa realtà in costante mutamento che rende necessario un
ripensamento della politica e una ridefinizione dell’idea e dei poteri degli Stati nazionali. Sta qui la
ragione per cui i grandi partiti che dominarono le società industriali del Novecento appaiono ormai
anacronistici. È la necessità di misurarci con i processi storici e culturali in atto, che coinvolgono i popoli
in un comune destino planetario, è l’urgenza di affrontare inediti e decisivi problemi globali, a cominciare
dai cambiamenti climatici, a imporre la necessità di rafforzare e rinnovare le istituzioni internazionali e
multilaterali, a cominciare dalle Nazioni Unite.
Non possiamo più parlare di una condizione umana acquisita una volta per tutte: le conseguenze
delle ricerche in campo genetico e biomedico, i cambiamenti culturali e comportamentali indotti dalle
innovazioni tecnologiche ed economiche, il carattere globale degli scambi fra nazioni e culture innescano
una rapida evoluzione di tutte le identità umane, individuali e collettive. Sempre più la “natura umana”
appare nella sua unicità e vulnerabilità, e risulta dipendere dalla nostra consapevolezza e dalla nostra
responsabilità verso le future generazioni e la natura.
Sempre più, il sapere si rivela come il discrimine che può separare grandi opportunità da enormi
disuguaglianze sociali. La frattura tra coloro che sanno e coloro che non sono ammessi al sapere può
rappresentare un rischio grave per la democrazia. Il Partito Democratico, in questo scenario, si batte per
un accesso universale al sapere, quale espressione di un nuovo umanesimo: un grande progetto di
democrazia della conoscenza, che aiuti i cittadini a comprendere le implicazioni degli sviluppi tecnicoscientifici,
nonché i dilemmi etici e antropologici che essi possono sollevare.
Tutto il nostro sguardo è rivolto al futuro. Negli scenari complessi del mondo globalizzato non
esistono solamente nuovi problemi, ma anche nuove opportunità. Si è aperta una nuova epoca. È cambiata
la geografia politica ed economica del mondo. La crescita di nuove potenze come la Cina, l’India, il
Brasile, muta non solo l’asse dello sviluppo economico, ma la presenza reale delle masse umane sulla
scena del mondo e impone all’intera umanità di attuare le condizioni di uno sviluppo sostenibile, nel
quale il cammino verso il benessere di tanti non si traduca in una crisi ecologica irreversibile per tutti.
Milioni di persone, in gran parte giovani, sono entrati nella rete dei consumi, dei bisogni, delle
informazioni. Con l’assoluta necessità di affermare la propria identità e quindi il rischio che in assenza di
nuovi valori il vuoto venga riempito da contrapposizioni razziali, violenze, guerre di religioni. Di qui la
centralità e l’universalità dei diritti umani. Il Partito Democratico si impegna affinché la cultura dei diritti
umani sia sempre più condivisa, al di là delle barriere politiche, geografiche, religiose. Essa mira a
eliminare ogni violazione della dignità e della vita della persona, rimuovendo le cause che possono
pregiudicarne lo sviluppo, e ogni discriminazione e violenza per motivi di appartenenze razziali e sociali,
di schieramento politico e culturale, di religione, di genere e di orientamento sessuale.
La costruzione dell’unità dell’Europa, il più straordinario progetto politico che ereditiamo dal
Novecento, è il contesto più favorevole per affermare un nuovo umanesimo. Noi europei abbiamo una
storia che, anche attraverso i suoi errori e i suoi drammi, ha elaborato culture, valori e idee che oggi
permettono di definire e perseguire obiettivi fondamentali per il mondo intero: gestire in modo
democratico ed efficace i processi di globalizzazione; liberalizzare i mercati e, nello stesso tempo,
diminuire le disparità economiche fra nazioni, regioni e ceti sociali; edificare un solido progetto di libertà
e di giustizia; dare concretezza alla prospettiva di uno sviluppo sostenibile. L’Europa ha abbattuto le
barriere che separavano popoli diversi, riunendoli intorno a regole comuni e a istituzioni condivise, e
trasformando le vecchie frontiere in luoghi di scambio, di incontro, di cooperazione. L’Europa
rappresenta, sul piano internazionale, un modello di identità nella diversità che il Partito Democratico
intende realizzare al suo interno e auspica di promuovere nell’intero Paese. Ci ricorda che l’autentica
vocazione dell’Italia è essere luogo di mediazione, di dialogo, di incontro tra diverse civiltà in Europa e
nel Mediterraneo.
Il processo di unificazione europeo è ancora frenato dalle forti resistenze degli egoismi
nazionalistici, che il Partito Democratico vuole contrastare per realizzare una compiuta integrazione
politica e democratica: tale processo va accelerato, rafforzando la legittimazione e le basi democratiche
dell’Unione. Il Partito Democratico intende contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo,
un ampio campo riformista, europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le
principali forze socialiste, democratiche e progressiste e promuovendone l’azione comune.
3. Nel solco della Costituzione: etica pubblica e laicità
Il Partito Democratico vuole assicurare all’Italia una democrazia libera e forte: una democrazia
intesa come partecipazione, inclusione, solidarietà, autogoverno, ma anche come capacità di decisione,
come assunzione di responsabilità verso il bene comune. Il Partito Democratico crede nella democrazia
come riconoscimento e ampliamento dei diritti della persona, delle capacità delle donne, delle speranze
dei giovani, dell’esperienza degli anziani, del lavoro intelligente di tutti. Perché la libertà di ognuno sarà
tanto più effettiva quanto più i diritti di tutti saranno garantiti. E tuttavia, il Partito Democratico sa bene
che anche la conquista di nuovi diritti può rivelarsi effimera, se non si afferma un’etica pubblica
condivisa, che consenta agli italiani di nutrire un senso più alto dei loro doveri.
La Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, è il documento fondamentale
dal quale prendiamo le mosse. La Costituzione non è una semplice raccolta di norme: oggi non meno di
ieri è la decisione fondamentale assunta dal popolo italiano sul come e sul perché vivere insieme. È il più
importante fattore di unità nazionale e di integrazione sociale, proprio in quanto assicura il consenso della
comunità sui princìpi della convivenza al suo interno e permette di dirimere i conflitti di opinioni e di
interessi. Il Partito Democratico riconosce i valori che ispirano la Carta costituzionale, unitamente a quelli
della Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo delle Nazioni Unite, e li assume come princìpi validi per tutti, al di là delle disuguaglianze
legate alla nascita, all’educazione, al reddito e alle condizioni individuali.
La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella
certezza che essa non è alla mercè della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di
limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della
Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a
colpi di maggioranza, anche promuovendo le necessarie modifiche al procedimento di revisione
costituzionale. La Costituzione può e deve essere aggiornata, nel solco dell’esperienza delle grandi
democrazie europee, con riforme condivise, coerenti con i princìpi e i valori della Carta del 1948,
confermati a larga maggioranza dal referendum del 2006.
Una democrazia forte e capace di decidere esige che vengano assicurati la leale collaborazione
tra i diversi livelli di governo, la protezione nel tempo delle decisioni istituzionalmente condivise e regole
di soluzione dei conflitti che chiariscano i limiti di esercizio della democrazia di prossimità e restituiscano
al governo nazionale l’autorevolezza e l’autorità necessarie sulle questioni di prevalente interesse per
l’intero Paese.
Il principio costituzionale della laicità dello Stato rappresenta un valore essenziale dell’impegno
del Partito Democratico. La laicità dello Stato garantisce il rispetto di ogni persona nelle sue convinzioni
più profonde e assicura a ciascuno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Allo stesso modo, tanto più in
un’epoca contrassegnata da nuove conquiste di civiltà, ma anche da antichi e recenti fondamentalismi, la
laicità dello Stato garantisce che le istituzioni appartengano a tutti e che le decisioni democratiche siano
assunte in modo libero e autonomo.
La laicità presuppone uno spazio pubblico di libero confronto: noi concepiamo la laicità non
come il luogo di una presunta neutralità, ma come rispetto e valorizzazione del pluralismo degli
orientamenti culturali, e quindi anche come riconoscimento della rilevanza, nella sfera pubblica e non
solo privata, delle religioni, dei convincimenti filosofici ed etici, delle diverse forme di spiritualità. Le
energie morali che scaturiscono dalle esperienze culturali, spirituali e religiose, quando riconoscono il
valore del pluralismo e del dialogo, rappresentano un elemento vitale della democrazia.
La nuova storia che si sta spalancando davanti all’umanità pone alle coscienze di tutti problemi
etici e interrogativi inediti. La laicità è la condizione perché culture e concezioni ideali diverse non solo
convivano, ma si ascoltino, così da produrre nuove visioni e nuove sintesi in vista della riflessione e
dell’azione che questi problemi rendono quanto mai indispensabili.
4. Un’Italia più libera, più giusta e più prospera
Noi vogliamo un’Italia più libera, più giusta e più prospera. I nostri princìpi ispiratori sono da un
lato la valorizzazione dei talenti e dei meriti; dall’altro la promozione di un tessuto sociale egualitario e
solidale, in cui nessuno si perda o resti indietro. Pensiamo che sia necessario un profondo cambiamento
del nostro sistema produttivo, sia incentivando l’innovazione e la crescita delle imprese, sia valorizzando
il lavoro e i talenti custoditi nel fitto tessuto delle comunità locali che da sempre alimentano la nascita di
nuove imprese e la nostra grande tradizione artigianale. Vogliamo un’Italia che sappia mettere a frutto,
anche sul terreno della competizione economica globale, le sue più grandi ricchezze: la creatività, la
qualità ambientale e culturale, la coesione sociale. Vogliamo un’Italia più unita e più omogenea sul
piano economico e sociale, più moderna e meno frammentata nella dotazione di infrastrutture.
Per questo vogliamo rilanciare una strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno, valorizzando le
grandi risorse culturali e civili di cui questa parte d’Italia è ricca, e cogliendo l’opportunità di farne il
principale raccordo capace di unire, attraverso il Mediterraneo, l’Europa all’Asia e all’Africa.
La priorità è far ripartire lo sviluppo del Paese, rilanciare una crescita sostenibile e di qualità,
quella che è mancata negli ultimi anni. Per questo obiettivo dobbiamo mobilitare tutte le energie di cui è
ricca la società italiana. Un mercato aperto è strumento essenziale per la crescita. Compito dello Stato non
è interferire nelle attività economiche, ma fissare le regole per il buon funzionamento del mercato, per
mantenere la concorrenza anche con politiche di liberalizzazione e per creare le condizioni di contesto e
di convenienza utili a promuovere innovazione e qualità.
Noi vogliamo una società aperta che consideri le persone in base alle loro qualità, rimuovendo
gli ostacoli economici e sociali, e premiando il merito e non i privilegi. Vogliamo che a ciascuno sia
garantita la libertà di realizzarsi secondo i suoi talenti e le sue inclinazioni, senza distinzioni di genere o
di provenienza sociale, di opinioni politiche o religiose. L’estensione dei diritti di cittadinanza è parte
costitutiva di una concezione moderna della crescita, oltre i soli parametri economici. Cittadinanza e
inclusione sono la leva di un nuovo civismo e di nuove opportunità per i singoli, nelle scelte formative e
professionali, come nella dimensione sociale e affettiva. In questo quadro vanno riconosciuti e disciplinati
per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto.
Ciò che deve scandalizzare non è solo la povertà, è la mancanza di opportunità: la povertà di un
bambino che non può studiare, lo sfruttamento indecente di un lavoratore, la frustrazione di un giovane
che si vede chiudere tutte le porte, di una donna che deve ancora scegliere fra maternità e lavoro.
Correggere le differenze abissali dei punti di partenza tipici di una società chiusa e castale, e offrire
uguali opportunità a tutti sono i due pilastri che tengono insieme sviluppo ed equità.
Rimettere in movimento le forze produttive, l’intelligenza, la creatività, la cultura non sarà una
operazione indolore. Comporta uno scontro duro con privilegi grandi e piccoli molto ramificati. Proprio
per questo il Paese ha bisogno di una forza politica che abbia il coraggio di affrontare quel groviglio di
compromessi che ha creato rendite corporative o speculative, favorendo il lavoro nero e l’esclusione
relativa delle donne e dei giovani dalle attività produttive, che ha alimentato le arretratezze dei servizi,
della scuola, della ricerca, della giustizia, della pubblica amministrazione. Noi intendiamo affrontare
questo compito.
Cruciale è la dignità del lavoro, che dev’essere difesa e valorizzata in tutte le sue espressioni.
Questo è il nostro impegno ed esso si colloca nel solco di quello che è sempre stato un obiettivo primario
delle tradizioni politiche e culturali che convergono nel Partito Democratico. Il lavoro è una
manifestazione essenziale della creatività umana; realizza le capacità e rafforza l’autonomia e la dignità
delle persone; è fattore insostituibile di dinamismo sociale, luogo e strumento per la trasmissione di
esperienze e di cultura. In particolare, il lavoro delle donne, la sua concreta ed effettiva promozione,
anche attraverso politiche di incentivazione dell’occupazione femminile e di armonizzazione con il
lavoro di cura e la sua redistribuzione tra i sessi, è un fattore essenziale per la crescita economica e la
modernizzazione del Paese.
Ovunque, il lavoro si è enormemente differenziato, anche perché la velocità dei processi
innovativi impone flessibilità e frequenti cambiamenti nel corso della vita lavorativa. Ma è la natura
stessa della produzione a chiedere sempre meno fatica e sempre più partecipazione, sapere, intelligenza,
ed è questo a richiedere non la riduzione del lavoro a merce precaria esposta a continui pericoli anche
mortali, bensì la sua tutela e la valorizzazione del suo ruolo sociale. Il lavoro è la vera ricchezza delle
nazioni ed è una leva potente per spingere le imprese verso produzioni più qualificate. Nessun Paese può
essere fondato su lavori “precari” e su “vite di scarto”. Il Partito Democratico si muove nella piena
consapevolezza che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Nella società attuale, in un mondo globalizzato e tecnologico, è cresciuta l’interdipendenza fra
impresa e lavoro. Nella nuova economia è necessario il coinvolgimento del mondo del lavoro sia nelle
grandi questioni sociali con forme efficaci di concertazione, sia nell’impresa, attraverso nuove forme di
democrazia economica. La partecipazione dei lavoratori nell’impresa è richiesta dalle accresciute
esigenze di formazione, dal crescente contenuto di conoscenze presente nei processi produttivi e quindi
dalla necessità di valorizzare le maggiori conoscenze in possesso di lavoratori sempre più scolarizzati.
Le imprese hanno un ruolo decisivo per vincere la sfida della competitività e per rimettere il
Paese sulla via della crescita. Sono chiamate ad essere innovative, ad agire con prospettive di lungo
periodo, puntando sulla qualità; sono tenute ad essere responsabili, sia nei confronti dei dipendenti,
garantendo loro salari adeguati e sicurezza, sia nei confronti del contesto ambientale e sociale in cui
operano.
La competizione ha bisogno, per esplicare la sua funzione creativa e costruttiva, di un contesto in
cui valgano il rispetto intransigente delle regole, l’imparzialità dello spazio pubblico in cui si esercita la
competizione, l’efficacia degli strumenti di valutazione, la “cultura del risultato”. Le regole devono valere
ovunque. Solo nell’ambito di regole davvero fondate sul merito diventa possibile a ciascuno affermare le
proprie capacità e aspirazioni, realizzandole col proprio lavoro.
Sta qui il senso più profondo della risposta che il Partito Democratico deve dare allo scontento
dell’area del Paese che maggiormente si confronta con le sfide della globalizzazione. Il fossato tra
cittadini e politica che si sta scavando in certe zone del Nord si spiega col fatto che la politica spesso si
presenta con il volto di una pubblica amministrazione e di una burocrazia non all’altezza di ciò di cui la
società e le imprese hanno bisogno, non valorizzando né sostenendo creatività e meriti. In ciò consiste la
cosiddetta questione settentrionale: nella necessità di ricostruire le ragioni e le condizioni di un patto coi
cittadini che sconfigga l’idea di uno Stato ostile, capace perlopiù di chiedere e non di dare le risposte
necessarie con la tempestività necessaria. Questa è oggi per il Partito Democratico una priorità nazionale:
restituire allo Stato e all’intera sfera pubblica efficienza e capacità di adempiere ai propri compiti.
Il nostro impegno riformatore vuole garantire un’effettiva uguaglianza di opportunità e affermare
una politica di emancipazione sociale in una società sempre più complessa e plurale. Noi ci riallacciamo
a tutto quel vasto movimento che, nei suoi filoni storici, si è caratterizzato sempre come un grande moto
di emancipazione delle persone dai vecchi vincoli di casta, di genere, di pregiudizi ideologici. Ma il
grande problema che resta e per certi versi si aggrava è che le disuguaglianze stanno aumentando, in Italia
come nel mondo. Una quota sempre maggiore della ricchezza è assorbita dalle rendite e dalle
speculazioni finanziarie mentre diminuisce la quota che va al lavoro. Questa tendenza è inaccettabile, e
contrastarla e invertirla è il compito del nuovo riformismo.
L’apertura dei mercati è positiva. Ma i mercati devono essere regolati. Le società non possono
ridursi a società di mercato, dove ciò che definisce i rapporti tra le persone è solo lo scambio economico.
In una società pluralista, democratica e aperta i vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa
devono essere strumento libero e autonomo di diffusione delle informazioni e della cultura, col quale tutti
possano esprimere la loro partecipazione alla vita sociale, economica e politica, la loro progettualità, le
loro aspirazioni. Questo rende indispensabile un’etica dell’informazione volta a salvaguardare la dignità
della persona.
5. Il pluralismo sociale, per una comunità forte e solidale
L’equità sociale non va considerata un onere da sostenere, ma un fattore sinergico di sviluppo
umano ed economico e di partecipazione autenticamente democratica. Il welfare è la garanzia di
condizioni dignitose di vita e di attività per tutti i cittadini, e in particolare per le classi e le persone più
vulnerabili. Non deve essere una forma di assistenzialismo, bensì un insieme di servizi sociali, sanitari e
formativi e uno strumento che renda più snella ed efficace l’azione pubblica, anche valorizzando
l’apporto dei corpi della società civile, secondo il principio della sussidiarietà. Non tutto ciò che è
pubblico, e che dunque svolge una funzione sociale, deve essere necessariamente statale. L’impresa
sociale, il non profit, la cooperazione, il volontariato, l’iniziativa delle persone e delle comunità, devono
essere messe in condizione, attraverso scelte politiche ed economiche adeguate, di collaborare con lo
Stato per garantire i servizi necessari e la loro qualità.
Il welfare va dunque riformato. Il suo ruolo non può più essere quello passivo di mera
assicurazione contro il rischio, ma deve diventare un sostegno attivo a chi oggi è obbligato ad affrontare il
rischio, per metterlo in grado di fronteggiare i continui adattamenti che la mobilità e la globalizzazione
impongono, a partire da un percorso educativo e formativo che duri per l’intera vita lavorativa. Grande
attenzione va rivolta al rapporto fra tempo di lavoro e tempo di vita. Donne e uomini vanno sostenuti
nell’attività che dedicano alla cura dei figli e della famiglia, il part-time deve essere consentito senza
discriminazioni di salari e carriera. In questa prospettiva il welfare promuove i diritti di cittadinanza dei
bambini e delle bambine attraverso un lungimirante investimento sulle loro opportunità di vita. Gli
anziani, dal canto loro, devono essere pienamente considerati parte attiva e creativa della cittadinanza e
poter continuare a dare il loro contributo costruttivo alla comunità nazionale.
La società giusta che noi vogliamo investe sul valore della persona, della sua autonomia e
responsabilità. E interpreta il ruolo della famiglia tenendo conto sia dei diritti e doveri dei membri che la
compongono, sia delle nuove esigenze espresse dalla società civile. La famiglia è il primo luogo
relazionale, affettivo e formativo dove si sviluppano l’identità e l’inserimento sociale della persona. Le
famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali e vanno
incoraggiate con adeguati strumenti di sostegno pubblico, rivolte in modo particolare ai nuclei familiari
con figli.
Una società giusta, nel mondo contemporaneo, non può che essere una società dell’accoglienza e
dell’integrazione. L’integrazione è un processo reso necessario dagli scambi economici, tecnologici e
culturali dell’età della globalizzazione, e dai flussi migratori che ormai hanno coinvolto appieno anche il
nostro Paese. L’immigrazione non dev’essere vista come una difficoltà da affrontare con politiche
meramente restrittive, ma come un’opportunità da interpretare e da governare, in modo da conciliarla con
le esigenze della comunità nazionale. È anche grazie al lavoro e alle competenze di tante persone
immigrate se l’Italia oggi può incrementare il proprio sviluppo e la propria ricchezza. La sfida
dell’integrazione dev’essere affrontata su basi di parità e nella condivisione dei diritti e dei doveri, al fine
di realizzare un nuovo patto di cittadinanza nel rispetto dei valori costituzionali italiani ed europei.
Un’identità nazionale così concepita è sganciata dal riferimento angusto ai territori e ai confini e
sottolinea la funzione di grande laboratorio delle culture che il nostro Paese ha sempre svolto ed è
chiamato a svolgere nel mondo globalizzato. Gli italiani nel mondo sono una parte importante del
passato, del presente e del futuro del nostro Paese. Un’Italia consapevole della varietà della propria
comunità oltrefrontiera sa valorizzare le risorse umane e lavorative degli italiani nel mondo e rafforza il
proprio impegno sociale e culturale per loro.
Il Partito Democratico riconosce, valorizza e promuove le autonomie locali, nelle quali secondo
il principio di sussidiarietà risiede l’identità costitutiva della nostra Repubblica. In tal senso, e al fine di
stabilire equi rapporti sociali in un territorio complesso e articolato come l’Italia, i democratici
sostengono i valori dell’autonomia e del federalismo in quanto promotori delle capacità di
autorganizzazione in grado di garantire la coesione sociale e territoriale del Paese.
La sicurezza e la legalità sono valori fondamentali, senza i quali non è possibile alcuna
integrazione né alcuna convivenza democratica e civile. Il rispetto della legalità e la garanzia della
sicurezza sono condizioni ineliminabili per lo svolgimento della vita individuale e collettiva, e per un
corretto rapporto fra istituzioni e società. La cultura della sicurezza e della legalità, perseguìta attraverso
la strutturazione di relazioni positive di ascolto e inclusione negli abituali contesti di vita, combatte il
degrado urbano e sociale che alimenta i comportamenti illegali, e lotta contro la corruzione e la
criminalità organizzata, che impediscono lo sviluppo di intere aree del territorio italiano.
6. L’educazione, la formazione, la ricerca scientifica
L’educazione e la formazione devono essere poste al centro del nostro impegno. La scuola è la
sede non solo della formazione culturale ma dell’educare istruendo. È nella scuola che si pongono le
premesse della cultura democratica indispensabile alla convivenza in una società sempre più plurale e
multiculturale. Il Partito Democratico sostiene un sistema scolastico pubblico integrato, imperniato sulla
valorizzazione del ruolo educativo degli insegnanti, e in grado di garantire un’elevata qualità dei percorsi
formativi. La scuola deve farsi carico delle difficoltà di tutti gli studenti, e dare un sostegno effettivo ai
“capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, come richiesto dalla Costituzione, valorizzando il talento
di tutti e promuovendo l’eccellenza. Solo la scuola può consentire quella democrazia della conoscenza e
quell’integrazione culturale e sociale che siano all’altezza delle sfide della globalizzazione
contemporanea.
Un sistema formativo efficace e flessibile apre a tutti nuove possibilità di formazione culturale e
professionale, di aggiornamento e di educazione permanente che sono necessarie nel continuo rinnovarsi
delle conoscenze e delle tecnologie, e che vanno intese anche come apprendimento di adeguate modalità
relazionali e collaborative.
L’Università va sostenuta e potenziata come sede principale della ricerca culturale e scientifica,
come centro di produzione e sviluppo della cultura in tutti i suoi aspetti, come fulcro dell’innovazione con
conseguenze trainanti per l’intero sistema-paese. Gli istituti universitari e di ricerca devono essere centri
propulsori di idee e di prospettive innovative, capaci di interagire con una pluralità di ambiti territoriali e
sociali. Va accresciuta l’autonomia anche finanziaria delle Università: ma alla maggiore autonomia
devono far riscontro la responsabilizzazione nell’uso delle risorse, l’apertura ai giovani e la
valorizzazione del merito nel reclutamento e nelle carriere. Alla libera ricerca delle università è affidato il
compito di valorizzare le nostre tradizioni culturali e di mettere in relazione i saperi richiesti dai
cambiamenti in atto nella nostra società.
I beni culturali italiani raccontano, senza interruzioni o fratture, l’evoluzione culturale
dell’Occidente e rappresentano per il cittadino italiano l’elemento portante della sua identità civile e
sociale. L’insieme del patrimonio culturale e paesaggistico italiano è un bene comune inalienabile ed è
una fondamentale risorsa economica del nostro Paese.
Il ritardo grave che l’Italia registra nel campo della conoscenza è l’ipoteca più grave che pesa sul
nostro futuro. È questo uno dei banchi di prova del nuovo partito. Il Partito Democratico sostiene
fermamente la libertà della ricerca scientifica, che è alla base dei grandi conseguimenti tecnologici e
sociali delle società occidentali. La libertà di ricerca è un valore quanto mai strategico ai nostri giorni, in
cui la necessità di innovazioni e di risposte adeguate alle sfide globali si è fatta pressante. Per arrivare a
risultati creativi e condivisi, la scienza non può che battere strade diverse e parallele, imparare dai propri
errori, darsi tutto il tempo e gli investimenti necessari. Solo la ricerca avanzata, nella quale l’Italia ha
costantemente ottenuto risultati di primo piano a dispetto di gravi difficoltà e inadeguati investimenti, può
consentire al nostro Paese di affrontare con successo la competitività che caratterizza l’èra globale, le
difficoltà inerenti alle transizioni energetiche e al riequilibrio ambientale, i nuovi problemi medici relativi
all’innalzamento della durata e della qualità della vita.
Lo sviluppo della ricerca tecnico-scientifica pone certamente inediti interrogativi etici relativi
all’impatto ambientale delle innovazioni tecnologiche e delle scelte energetiche e produttive, ai settori
biologico e medico, alle conseguenze politiche, sociali e umane delle tecnologie militari. Il Partito
Democratico intende affrontare questi interrogativi applicando integralmente i princìpi della laicità e della
condivisione democratica, e rendendo compatibile il principio della libertà di ricerca e di scelta con il
principio per cui non tutto ciò che è realizzabile tecnicamente è eticamente accettabile, né è sempre utile
sul piano sociale, economico, ambientale. Questo divario fra realizzabilità astratta e bene comune diventa
ancora più acuto in condizioni di risorse economiche scarse, in cui si è obbligati a fare delle scelte di
priorità e di urgenza.
7. La speranza della pace: la storia non è finita
Il Partito Democratico intende inverare i valori ai quali fa riferimento in piattaforme politicoprogrammatiche,
che affinino il “chi siamo” come conseguenza del “cosa vogliamo”. Lo scopo di questo
Manifesto non è quello di pronunciarsi su tutti i temi dell’agenda politica e culturale, ma di tratteggiare il
profilo di un partito nuovo: per il ruolo politico di partito nazionale che vuole assumere, a fronte di una
crisi così profonda del vecchio organismo statale italiano, e perché si pone il problema di elaborare una
nuova idea di progresso umano. La condizione è che questa forza riesca a proiettarsi nel mondo e a
misurarsi con la novità della condizione umana.
Il più grande obiettivo che sta di fronte alla politica è di operare per costruire un orizzonte
democratico planetario in grado di impedire che ristrette oligarchie si arroghino il diritto di decidere la più
grande e sconvolgente redistribuzione delle risorse e del potere della storia del genere umano. È anche a
causa di questo gigantesco processo che stiamo assistendo a drammatiche turbolenze degli ordini politici
internazionali, che vanno ridisegnati e messi in grado di prendere grandi decisioni collettive. La
conseguenza è che questo vuoto di governo alimenta sempre nuovi conflitti e nuove corse al riarmo,
compresa una proliferazione degli arsenali atomici. L’impegno per la pace torna ad essere più che mai
cruciale.
Il Partito Democratico, per l’ispirazione etica, culturale e politica che lo sostiene, intende
promuovere una politica attiva e intraprendente a favore della pace, richiamandosi allo spirito e alla
lettera della Costituzione italiana, ai princìpi generali della Carta europea e alla Carta delle Nazioni Unite.
In conformità all’art. 11 della Costituzione preso nella sua interezza, il Partito Democratico si adopera
affinché l’Italia si assuma le proprie responsabilità internazionali nel governo dei conflitti, in coerenza
con il diritto internazionale e attraverso le organizzazioni sovranazionali preposte alla sicurezza, alla
giustizia e alla pace. Il ripudio della guerra va coniugato con l’attiva partecipazione dell’Italia alle
responsabilità della comunità internazionale nell’assicurare un giusto ordine mondiale.
Al tempo stesso, il Partito Democratico è consapevole che siamo arrivati al limite di una crescita
meramente quantitativa. Non è più sostenibile il saccheggio delle risorse naturali operato da un modello
di sviluppo basato sui consumi crescenti e sugli sprechi di energia e materie prime. Una svolta nei modi
di vivere e di consumare delle società contemporanee è perciò necessaria. Il tempo si è fatto breve ed è
già sotto i nostri occhi lo sconvolgimento di tutti gli equilibri ecologici, dal clima alle risorse energetiche,
dall’acqua potabile alle fonti di alimentazione. Sono impegni di ordine politico, come di ordine culturale.
Le questioni ambientali impongono misure urgenti e cambiamenti profondi al modo di vivere, ma
esigono prima di tutto la consapevolezza che l’attuale modello di sviluppo si è pericolosamente
avvicinato a una soglia, oltre la quale verrebbe messa in questione la stessa esistenza dell’umanità. Si è
aperto un dibattito di portata analoga a quello che impegnò le autorità politiche, morali e scientifiche del
mondo intero quando si inaugurò l’era atomica.
Tutto ci dice che la storia non è finita. Il mondo in cui viviamo appare sempre più come una
trama complessa di relazioni in continua evoluzione. E se è vero che questa evoluzione è sempre più
condizionata dall’azione dell’uomo moderno e dall’uso che egli sta facendo di una scienza e di una
tecnologia che oltrepassano i vecchi confini, questo significa che non è più adeguata una politica che non
prenda coscienza di questa trama di relazioni e di interdipendenze. Questa presa di coscienza è la
condizione essenziale per governare il mondo in cui viviamo. Se non assumiamo questa nuova
dimensione storica, se una grande forza riformatrice non assume come suo compito questa inedita
necessità di “stare insieme”, pena la rovina comune, le donne e gli uomini saranno incapaci di costruire
un’esistenza pacifica basata sulla giustizia e sulla libertà.