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Intercettazioni, PD: una legge “ammazza indagini”

Comunicazione a cura del Gruppo del Pd della Commissione Giustizia della Camera – Donatella Ferranti, Lanfranco Tenaglia, Cinzia Capano, Mario Cavallaro, Pasquale Ciriello, Anna Paola Concia, Gianni Cuperlo, Gianni Farina, Pierluigi Mantini, Guido Melis, Anna Rossomando, Marilena Samperi, Pietro Tidei, Guglielmo Vaccaro.

INTERCETTAZIONI UNA LEGGE ‘AMMAZZA INDAGINI’ CHE COMPROMETTE LA SICUREZZA, E IMBAVAGLIA L’INFORMAZIONE
Siamo consapevoli che gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell’utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche abbiano reso necessario una riforma della disciplina sulle intercettazioni. Per questo, il Gruppo del Pd ha presentato in Parlamento (alla Camera la pdl 1510 Tenaglia,Veltroni,Ferranti e altri) una propria proposta di legge diretta a  contemperare  il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale da un lato e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati dall’altro.

Il Governo e la maggioranza, dopo mesi di  esame e approfondimento, audizioni di tutte le categorie interessate, hanno invece approvato in Commissione Giustizia (ieri 16 febbraio a tarda sera è terminata votazione degli emendamenti ), nonostante la nostra dura opposizione di merito, una riforma che, prende a base il testo Alfano DDL 1415 e  introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini.  In nome di una ‘falsa tutela della privacy’, si è indebolito in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la ‘ricerca della prova’. Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo.

Il provvedimento contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una compressione esagerata tanto da realizzare un vero e proprio bavaglio all’informazione. Con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria. Per i giornalisti che pubblicano intercettazioni  per le quali sia stata ordinata la distruzione o relative ”a conversazioni o flussi di comunicazione riguardanti fatti e circostanze o persone estranee alle indagini" è previsto il carcere fino a 3 anni.
 
UNA ‘LEGGE AMMAZZA-INDAGINI’ CONTRO LA  SICUREZZA DEI CITTADINI
La nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L’uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l’efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi. Solo per elencarne alcuni: omicidi, rapine, truffe, reati ambientali e sanitari, sfruttamento di minori, violenza sessuale, frodi bancarie, spaccio di droga, minacce, aborti abusivi, prostituzione, riduzione in schiavitù, spionaggio industriale, clonazione di carte di credito, pedofilia, incendi dolosi, rapimenti, maltrattamenti, ecc.
Ebbene, con il testo approvato si prevede che l’uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di ‘gravi indizi di colpevolezza’. Ciò vuol dire che si potrà  richiedere l’autorizzazione dell’intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole. Basti pensare che ‘i gravi indizi di colpevolezza’ sono gli stessi necessari a richiedere l’applicazione delle procedure cautelari (in carcere o presso il domicilio). E infatti, ci chiediamo: perché si dovrebbe avviare una intercettazione quando si conosce il colpevole e quest’ultimo può essere già assicurato alla giustizia? Pensiamo al caso di un omicidio, a quando sono ancora ignoti gli autori del reato, e quindi non ci sono indiziati. In questo caso gli investigatori non potranno piu’ chiedere l’autorizzazione delle intercettazioni mentre, come dimostrano moltissimi casi risolti in questi anni, l’uso delle intercettazioni immediate e a sorpresa a volte può essere l’unico strumento che conduce alla individuazione dell’autore del delitto, cioè del colpevole.
Infine, la previsione dell’accertamento da parte di un giudice collegiale dei ‘gravi indizi di colpevolezza’ per l’autorizzazione delle intercettazioni va a incidere anche sul diritto al giusto processo perché, di fatto, rappresenterà una ‘anticipazione del giudizio’ da cui l’imputato innocente avrà difficoltà a ‘liberarsi’ nel corso del processo.
Ma non basta. Anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo che giudichiamo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo. E sono numerose gli esempi di indagini in cui le intercettazioni hanno portato all’individuazione del colpevole molto oltre i 60 giorni previsti da Governo e maggioranza. Solo per citarne uno si pensi che lo smaltimento illecito dei rifiuti in Campania è emerso quasi al terzo mese dell’avvio delle intercettazioni.
Con queste norme  sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti. Prendiamo una caso di forte attualità, la violenza sessuale, ebbene nonostante gli annunci del governo con queste norme se non si conosce l’autore dello stupro non si potranno autorizzare le cosiddette intercettazioni esplorative che, per capirsi, sono quelle che hanno portato all’arresto del branco di stupratori di Guidonia. Le norme approvate prevedono in modo del tutto surreale che nel caso un reato sia commesso da ignoti le intercettazioni potranno essere utilizzate solo se a richiederlo è la vittima e solo sull’utenza della vittima. Ma, parliamoci chiaro,  quanti sono i violentatori sconosciuti che dopo aver commesso il reato telefonano alla propria vittima? Senza contare che l’attività d’indagine, doverosa e affidata agli organi dello Stato, viene delegata alla volontà soggettiva della persona offesa.
Chi ha scritto queste norme non conosce il protocollo di indagine elementare. Per noi, invece  di prevedere i ‘gravi indizi di colpevolezza’  sarebbe stato meglio richiedere al Giudice che autorizza le intercettazioni una motivazione puntuale,rigorosa ed autonoma riferita alle esigenze investigative rappresentate dal PM con riferimento all’utenza  che si intende intercettare.
Nel corso dell’esame in commissione è stato approvato un emendamento che prevede la definizione da parte del Ministro della Giustizia di un ‘tetto’ annuo alle spese per intercettazioni di ogni singola procura. Si tratta di una grave ingerenza politica sul sistema giudiziario: in questo modo si viene a determinare un gravissimo controllo politico dell’esercizio dell’azione penale perchè il Ministro, su criteri del tutto arbitrari decide, attraverso la distribuzione dei fondi, quante e quali indagini potrà fare ogni singola procura.

UNA LEGGE CHE SPUNTA LE ARMI DEI COMUNI NELLA LOTTA ALLA CRIMINALITA’
Sono sempre più numerosi i Comuni italiani che considerano le telecamere per la video sorveglianza uno strumento essenziale di prevenzione contro i reati e fondamentale per controllare siti di interesse pubblico e la sicurezza di intere aree urbane. Molti piani di sicurezza cittadini prevedono anche rimborsi per i privati che installano telecamere. Ebbene, con questo provvedimento il governo acceca i cosiddetti "occhi elettronici". Equiparando le  riprese visive e audio visive alle intercettazioni telefoniche, tutto ciò che sarà videoripreso senza l’autorizzazione preventiva del tribunale collegiale sarà inutilizzabile al fine processuale. I criminali non avranno più timore di essere ripresi. Inoltre, i Comuni potranno disporre una telecamere solo in presenza dei ‘gravi indizi di  colpevolezza’. Ciò vuol dire che per installare una telecamera in un parco dove è noto che si incontrano spacciatore consumatori di sostanze stupefacenti bisognerà prima individuare ed identificare chi spaccia e poi installare la telecamera. Ma a quel punto sarebbe più efficace e tempestivo arrestare lo spacciatore in fragranza di reato.  
E non solo. Dall’equiparazione delle videoriprese alle intercettazioni conseguirebbero anche altre eventualità non prive di effetti irrazionali. Infatti, sebbene la polizia possa appostarsi ad osservare un portone o una abitazione per verificare chi vi si rechi, non potrà più predisporre un apparato di ripresa se non in presenza di ‘gravi indizi di colpevolezza’ e di un autorizzazione del Tribunale!
Anche in questo caso siamo in presenza di norme del tutto irragionevoli, agli antipodi con gli annunci propagandistici del Governo di battaglie per la sicurezza e contro la criminalità.

UNA ‘LEGGE BAVAGLIO’ CHE FA CARTA STRACCIA DEL DIRITTO DI CRONACA
Con l’approvazione di questa legge sarà vietata la pubblicazione – ”anche parziale, o per riassunto o nel contenuto”, e ”anche se non sussiste più il segreto” – degli atti di indagine fino al termine dell’udienza preliminare".  Proibendo la pubblicazione di qualsiasi notizia concernente un procedimento penale, anche in forma semplicemente riassuntiva, il Governo fa calare un velo imperscrutabile su una fase nevralgica del processo penale: quella delle indagini.
Si tratta di un vero e proprio black out informativo, molto lontano dall’auspicata soluzione di equilibrio tra diritto alla privacy e diritto all’informazione, che presenta evidenti aspetti di incostituzionalità perché comprime i valori dell’articolo 21 della nostra Costituzione che dice chiaramente che ‘la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o a censure’ e che tutti i cittadini hanno il diritto ad informare e ad essere informati.
Carcere per i giornalisti. Per chi pubblica intercettazioni per le quali sia stata ordinata la distruzione o relative ”a conversazioni o flussi di comunicazione riguardanti fatti e circostanze o persone estranee alle indagini" è previsto il carcere fino a 3 anni. Con queste norme si va verso l’oscurantismo totale dell’informazione: si va verso una giustizia segreta e non controllabile da parte dei cittadini e questo non è certo positivo per un paese democratico.
Il Governo e la maggioranza per intervenire su alcuni abusi non esitano a fare carta straccia dei diritti costituzionali e riportano l’Italia agli anni ’30 quando il codice di procedura penale (art. 164) vietava di pubblicare gli atti fino alla chiusura della fase istruttoria.

BISOGNA REAGIRE A QUESTE NORME ‘AMMAZZA INDAGINI’ CHE IMBAVAGLIANO LA STAMPA
Invitiamo perciò tutti i parlamentari del Pd a sensibilizzare e denunciare nei propri territori  le gravi ripercussioni negative sulla sicurezza dei cittadini che deriveranno dall’approvazione in parlamento di questo disegno di legge.
E’ opportuna ogni iniziativa di informazione che evidenzi l’irragionevolezza e le storture di questo provvedimento che non garantisce la privacy e la riservatezza dei cittadini onesti ma depotenzia l’efficacia della repressione penale da parte degli organi di investigazione e lede il diritto di ognuno ad essere informato per esercitare il controllo democratico anche sull’attività della magistratura.
Invitiamo i deputati ad informare i giornali locali sulle ricadute negative di questo provvedimento sulla possibilità di pubblicare notizie  di cronaca giudiziaria e cronaca nera.
I parlamentari del Pd continueranno a battersi in Parlamento per scongiurare che la  necessaria riforma della legislazione sulle intercettazioni possa portare alla approvazione di norme  ‘ammazza indagini’, che minano il sistema investigativo, mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini, compromettono l’esercizio del diritto di cronaca senza neppur risolvere il problema della tutela della privacy delle persone estranee alle indagini.