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Dipartimento Cultura

Cilluffo: ripartiamo dalle biblioteche

Su la Repubblica — 06 aprile 2010  pagina 9 sezione: TORINO

NON pagherà da un punto di vista elettorale, come ha sostenuto l’ assessore provinciale Ugo Perone sulle pagine di Repubblica il 31 marzo, ma di cultura si continua a parlare, dopo la sconfitta del centrosinistra e la sonora bocciatura da parte degli elettori di Oliva e Leo, ex assessori di una parte e dell’ altra. E dopo Perone, anzi prendendo le mosse proprio dalle sue parole, interviene Francesca Cilluffo, notaio, collezionista d’ arte contemporanea e responsabile del dipartimento cultura per il Pd in Piemonte.

«La politica culturale non la deve fare solo chi ha i soldi», dice. Il riferimento è alla necessità, secondo Perone, che la Regione ricominci a finanziare i progetti delle amministrazioni, Provincia e Comuni. Ma prima, è convinta Cilluffo, «è necessario pensare a un osservatorio generale della cultura, non mi piace il termine tavolo, un luogo di discussione tra gli enti territoriali, coinvolgendo le fondazioni bancarie, che in questo momento hanno i portafogli più forniti, e pensare a progetti almeno triennali per le politiche culturali del territorio. Non è più possibile continuare a finanziare i singoli eventi. Per carità, va bene puntare sugli appuntamenti più importanti, ma c´è una miriade di piccole cose, meno evidenti ai più, su cui invece occorre puntare. Magari interventi che favoriscono un lavoro più capillare e indirizzato verso i piccoli territori».
Può fare qualche esempio?
«Penso anche solo al lavoro delle biblioteche, oggi soffocate dalla mancanza di fondi. Perfino dal punto di vista artistico, con il coinvolgimento dei ragazzi nella musica, la danza, il teatro. In luoghi come i cortili, che poi sono gli unici in cui questo può essere fatto, con i pochi soldi a disposizione. Ma finché ci limitiamo ai soli grandi eventi al Regio, allo Stabile, non possiamo pensare che la cultura possa coinvolgere tutti. Occorre aiutare di più queste associazioni che operano nelle circoscrizioni, nei piccoli teatri di quartiere, addirittura nei teatri parrocchiali. Finora non è stato fatto. O non abbastanza».
Rientrano in questo discorso due realtà recenti, per quanto riguarda l´arte, come la Fondazione 107 alle Vallette o Barriera?
«Mah, in questo caso ho qualche dubbio. Non so quanta gente del quartiere frequenti questi spazi. Non mi pare che gli abitanti dei dintorni siano interessati al tipo di proposte pure interessanti, ma difficili, di quelle gallerie. Ammetto di averle frequentate solo per le inaugurazioni, ma io ci ho incontrato sempre i soliti noti.».
Ecco, i soliti noti. Il risultato delle urne, se la gestione della cultura ne responsabilità, non dipende forse anche da questo, dalla presenza delle stesse facce prima con Leo, poi con Oliva?
«Di più, penso ci sia stata una stanchezza per certi apparati politici del nostro territorio, sempre uguali, sempre gli stessi».
Una degli slogan di Cota in campagna elettorale è stato quello della «cultura dei salotti».
«La Lega ha un approccio un po´ populista ai problemi, spesso. Io non credo ci sia una cultura dei salotti, una cultura dei circoli e una della camera da letto. C´è una cultura e basta. È il modo in cui questa si crea che dovrebbe essere graduato a seconda del pubblico che ci sta davanti. È vero che ci sono le mostre difficili al Castello di Rivoli, è giusto che ci siano. Ma una cosa positiva che è stata fatta, per avvicinare i più alla fruizione dell´arte contemporanea, è l´esperimento del Guggenheim a Vercelli, con le mostre sui grandi capolavori del passato, da Kandinskij a Pollock. La Lega ha vita facile quando si scaglia contro il Ronconi delle Olimpiadi. Forse quella è stata un´operazione discutibile, forse no. Ma è innegabile che si possa anche parlare di spreco, se guardiamo a quanto è rimasto. È ora di pensare a qualcosa che vada al di là del tempo, che rimanga. Se devo pensare a una cosa che mi piacerebbe, l´esempio che mi viene in mente è una scuola di eccellenza per ragazzi che abbiano la possibilità di approfondire le forme d´arte che praticano».
Quanto ha contato lo scandalo Soria nella sconfitta di Bresso?
«Pochissimo, credo. Non credo che la gente comune si occupi di questo. Diciamo che il caso ha portato a galla una carenza di controllo preoccupante. Ma non possiamo certo dare la colpa di questo solo all´amministrazione Bresso».  – LEONARDO BIZZARO