Se il Nord scopre il doppio volto della Lega
di Claudio Martini, su L’Unità del 16 luglio 2010
Venerdì scorso ero a Pollenzo a una riunione degli amministratori di Cuneo e del Piemonte sulla manovra correttiva ed i suoi effetti sugli Enti locali. I Sindaci lamentavano l’impossibilità, specie nei piccoli Comuni, di svolgere il proprio compito e garantire i servizi.
Soprattutto i trasporti pubblici, ma anche gli interventi per gli anziani non autosufficienti. Non parliamo delle azioni per contrastare la crisi economica e sociale: qui faremo seri passi indietro! Ho sentito grande frustrazione, persino rabbia. Il Sindaco di Bra, la combattiva Bruna Sibille, è arrivata a dire: «Non mi farò commissariare», denunciando la politica tremontiana che svuota di risorse i Comuni. «Prima che succeda mi faccio da parte da sola, vengano loro». Provocatorio ma rivelatore.
C’è comunque voglia di lavorare ancora, in un vasto fronte comune. In quelle ore è arrivata la notizia delle diverse posizioni di Regioni e Anci. Inevitabile sconcerto generale ma anche scelta di non alimentare nuove divisioni. Il nostro problema è Tremonti, non Chiamparino. E il Pd deve lavorare ad una piattaforma davvero unitaria tra Regioni, Comuni e Province, non offrendo alcun appiglio alla cinica pratica del divide et impera della Destra. La riunione ha poi affrontato un grande tema politico: la crescente doppiezza della Lega nel rapporto con le autonomie. Siamo nel Nord e qui emerge la stridente contraddizione del partito di Bossi: sul territorio grande propaganda verbale su federalismo, decentramento, radici.
A Roma sostegno acritico a Berlusconi, alle sue leggi ad personam, allo scontro con la Magistratura che aiuta illegalità e crimine. Dov’è finito il partito “diverso”? Chi l’ha più visto? La contraddizione aumenta ogni giorno. Eppure la Lega non paga dazio. Almeno per ora. Perché? L’opinione dei dirigenti piemontesi è che per i leghisti funzioni ancora il messaggio generale, il richiamo “ideologico” al federalismo, al territorio, anche se i fatti non ci sono. Può essere. Ma quanto può durare? Si deve scoperchiare questa furbesca ambiguità, senza politicismi inutili ma con una sfida vera sulla valorizzazione dei territori, su un decentramento che sia insieme identità e riforma di tutto lo Stato.
Sul federalismo autentico, non quello delle chiacchiere. Spetta a noi, con una elaborazione culturalmente alta. E innovando un punto essenziale della nostra politica: non tutto si decide a Roma, a livello centrale. Sui territori succedono cose spesso più significative che nei soliti palazzi della politica nazionale. Insomma, l’alternativa ha bisogno anche di un “motore territoriale”. Ne riparleremo.
16 luglio 2010 pubblicato nell’edizione Nazionale (pagina 19) nella sezione “Forum” Versione in PDF