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DIPARTIMENTI Dipartimento Ambiente

Il ciclo integrato dei rifiuti: da emergenza a pilastro della economia verde

Dal sito nazionale del PD

La posizione PD per una gestione innovativa del ciclo integrato dei rifiuti

Introduzione

Nel corso degli ultimi anni quello della gestione integrata del ciclo dei rifiuti è divenuto tema di forte rilevanza pubblica e di forte impatto ambientale non più contenibile in un’ottica emergenziale o delegabile alla tragica soluzione dei commissariamenti governativi che mai hanno risolto le situazioni ma spesso le hanno aggravate. La situazione italiana è del tutto particolare e si dipana da un lato a contrastare il diffuso traffico illecito dei rifiuti dall’altro a costruire un moderno sistema di gestione dei rifiuti in linea con la Direttiva europea 98/2008 . Superare l’emergenza e sconfiggere le ecomafie

Il 31 Dicembre 2009 è terminata ufficialmente l’emergenza campana, anche se l’emergenza non è risolta. Rimangono molteplici questioni aperte: dalle 7 milioni circa di ecoballe che rimangono dove sono, alla mancata costruzione degli impianti di incenerimento previsti dai decreti e non realizzati alla assenza di impianti per trattare l’organico (digestori anaerobici e compostaggio), da una raccolta differenziata che non decolla (nonostante esperienze avanzate di alcuni comuni). I vari interventi dei Commissariati più che a risolvere problemi rischiano di perpetuare il malaffare creando condizioni favorevoli allo sviluppo delle ecomafie. Numerose ormai sono le inchieste che riguardano materiale differenziato che non ha le necessarie caratteristiche di qualità e che viene esportato illegalmente all’estero. Un sistema di gestione delegato alle province non realizzabile e che ora tutti vorrebbero rivedere. Una proposta governativa mostratasi insufficiente, demagogica e che non ha risolto al di là della propaganda i nodi strutturali che possano consentire il rientro nella gestione ordinaria.
Cosa dire poi dei Consorzi misti o pubblici per la raccolta dei rifiuti che nel casertano e nel napoletano sono infarciti di personale inadeguato e in numero assolutamente sproporzionato alle esigenze territoriali. Società che hanno bilanci improbabili che hanno fatto della provvisorietà un elemento di certezza, quella di depauperare il bene e le risorse pubbliche.
A questo si aggiunga la situazione calabrese che di fatto è ben lungi dall’essere risolta. Impianti non a norma, società miste di gestione fallite, assenza di raccolta differenziata. Inceneritori costruiti a metà e lasciati a marcire, depuratori insufficienti o più spesso installati e non collegati, aree da bonificare come la Pertusola di Crotone che costituiscono una seria minaccia ambientale e per la salute. Infiltrazioni della malavita più o meno organizzata a tutti i livelli e amministratori locali spesso collusi se non protagonisti di tale sfacelo ambientale e gestionale.

Per finire la situazione siciliana. La grave situazione di carattere ambientale e sanitario che si è determinata a Palermo e Catania, ma anche nelle altre Province siciliane ha creato una situazione drammatica che deriva da un piano dei rifiuti regionale precedente e un assetto organizzativo per la gestione completamente sbagliato. Un progetto che ha visto nella costituzione dei 27 ato (ambiti territoriali ottimali) in forma di s.p.a. il fulcro del dissesto finanziario condito da un fallimento totale nella costruzione dei 4 inceneritori e della raccolta differenziata. In questa situazione di sfascio, in numerosi casi si è inserita la mafia determinando situazioni di palese illegalità che hanno visto l’arresto di numerosi attori pubblici e privati collegati con importanti famiglie mafiose In realtà l’emergenza rifiuti invece che risolversi in Campania si sta allargando ad altre importanti regioni, soprattutto del Nord: si pensi ai traffici in Lombardia e ciò che succede in Liguria.

A fronte di tutti questi problemi ci si domanda se sono stati messi in campo tutti gli strumenti legislativi e gestionali per cercare di risolvere un problema che caratterizza fortemente in negativo il nostro Paese. Sicuramente il recepimento della Direttiva europea 99/2008 che prevede l’introduzione nell’ambito penale dei delitti ambientali estendendo la responsabilità dei reati ambientali anche alle società , l’introduzione della tracciabilità dei rifiuti (sistema SISTRI, per quanto tutto da sperimentare e che ad oggi non decolla) possono aiutare ad affrontare meglio gli aspetti illegali connessi alla gestione integrata dei rifiuti ma purtroppo sono poca cosa rispetto a ciò che sarebbe necessario. Tante proposte sono state fatte anche dal nostro Partito ma purtroppo rimaste inascoltate: dalla necessità di un maggior coordinamento fra le procure ordinarie e la procura distrettuale antimafia, ad un maggior coordinamento tra le forze di polizia giudiziaria, ad un potenziamento dei controlli preventivi attraverso un rafforzamento delle Agenzie ambientali regionali1 e di quella nazionale per citarne alcune, ad un ruolo più forte di coordinamento del Governo centrale evitando il ricorso sistematico al commissariamento.

Non si tratta certo di scaricare sulla criminalità organizzata la responsabilità dei ritardi e delle inefficienze. Ci sono responsabilità politiche e quindi anche nostre. E’ indispensabile affrontare con consapevolezza una situazione complessa che necessiterebbe di risorse e strumenti del tutto straordinari attraverso un coinvolgimento delle tante realtà sane e importanti presenti nel nostro Paese che potrebbero dare un contributo determinante per risolvere una volta per tutte l’”emergenza dei rifiuti in Italia”. Non mancano gli esempi virtuosi nel nostro Paese così come ci sono ampie possibilità di costruire attorno al tema dei rifiuti un vero sistema industriale moderno. Considerare separate tra loro le azioni per la gestione dei rifiuti e per la sicurezza e la legalità significa ripercorrere errori del passato che hanno portato allo stato di emergenza e al monopolio criminale. Più volte abbiamo chiesto un grande progetto straordinario per l’Italia che riportasse a condizioni di normalità la gestione dei rifiuti . Bisogna accelerare la redazione e l’approvazione del Piano nazionale per la riduzione dei rifiuti previsto dalle norme di recepimento della direttiva CE/2008/98, anticipandone da subito, in accordo con le Regioni, gli obiettivi e le azioni nel Mezzogiorno. .Da subito bisogna quindi attivare un tavolo nazionale teso a scongiurare l’esplosione di nuove crisi, rilanciare le buone pratiche del riciclaggio di rifiuti raccolti in modo differenziato, realizzare la riduzione della produzione di rifiuti e favorire la costruzione degli impianti e delle infrastrutture industriali per il recupero d’energia dai rifiuti.

Per una gestione innovativa del ciclo dei rifiuti

La recente crisi economica per quanto devastante in termini sociali, non ha prodotto a livello mondiale la riduzione di richiesta di materie prime, specie da parte delle economie emergenti. Per questo la riduzione dei rifiuti alla fonte, il recupero di materia e di energia può essere una risposta importante che può contribuire a diminuire l’impatto del consumo di materie prime sull’ambiente e al rallentamento dei cambiamenti climatici.

C’è un dato che più di tutti rappresenta in maniera lampante il ritardo che il nostro paese registra nel settore dei rifiuti: la gran parte dei rifiuti urbani prodotti in Italia (circa 12 milioni di tonnellate nel 2008, il 45% del totale) finisce in discarica senza aver subito alcun processo di recupero e di minimizzazione del rischio di inquinamento. I maggiori paesi europei consegnano alle discariche meno del 8% dei loro rifiuti urbani e soltanto dopo che questi hanno subito un trattamento per ridurne la pericolosità.

Inoltre su 134 milioni di tonnellate all’anno stimati complessivamente da ISPRA (2009) come produzione annua di Rifiuti Speciali in Italia, più di 4 volte gli urbani, di circa 26 milioni ad oggi è ignota la destinazione, come più volte denunciato dalle Autorità; spesso vengono alla luce,come ricordato sopra, insistiti comportamenti illegali. E’ evidente come sia necessario un cambio di passo. I progressi riscontrati nel corso di questi ultimi anni, specialmente in diverse regioni del centro nord , e in diverse realtà del Cento Nord sono significativi e dimostrano la concreta possibilità di gestire i rifiuti secondo pratiche intelligenti, orientate alla sostenibilità ambientale, all’equilibrio economico ed allo sviluppo sociale.

In Italia si intercettano ed avviano al recupero oltre il 70% degli imballaggi immessi al consumo con punte di eccellenza per alcuni materiali. Di questo circuito virtuoso sono stati attori protagonisti i comuni e le regioni, le aziende pubbliche e private della raccolta, l’industria degli imballaggi e quella del riciclaggio, le associazioni ambientaliste e le organizzazioni sindacali che hanno contribuito a sostenere una elevata tensione civile sul tema del corretto uso delle risorse territoriali.
Obiettivo del PD è quello di stimolare il ciclo virtuoso dei rifiuti, anche come opportunità per creare sviluppo: riduzione, riuso, riciclaggio e recupero dei materiali ed energia con il completamento di un ciclo che veda la nascita, ove possibile, di Distretti Industriali del Riciclo. Il Paese deve fare questa scelta e gli amministratori del PD devono allineare i loro comportamenti concreti alle posizioni politiche dei piani di azione.

Partire dalla Direttiva Europea 2008/98CE, che all’articolo 4 detta la gerarchia dei rifiuti
a – ridurre,
b – preparazione per il riutilizzo,
c – riciclaggio,
d – recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia,
e – smaltimento.

significa chiudere con la stagione delle discariche di rifiuto non trattato, cioè con la modalità che maggiormente produce inquinamento dei suoli e dell’acqua, creando rischi per la salute dei cittadini e peggiorando la qualità della vita sul territorio.
Ridurre la produzione dei rifiuti, riutilizzare i beni che possono avere ancora una funzione, riciclare i materiali e infine recuperare energia da ciò che resta da questo processo virtuoso, permetterà davvero di far diventare residuale il problema dello smaltimento degli scarti delle varie lavorazioni.

Uscire dalla contrapposizione fra raccolta differenziate e incenerimento con produzione energetica è possibile se si crea una gerarchia negli obiettivi, che devono essere integrati in un piano in cui la prevenzione e il riciclaggio hanno la priorità rispetto al recupero di energia.

D’altra parte sono già avviati su questo percorso i paesi più avanzati in Europa, così come alcune regioni del Nord Italia, nei quali è stato affermato con evidenza che riciclaggio e recupero energetico non sono tra loro concorrenti, quanto invece complementari, nello svolgimento di una corretta gestione dei rifiuti, orientata al superamento dello smaltimento in discarica.
In questo quadro una riflessione sul rapporto tra gestione dei servizi di raccolta e di gestione degli impianti di smaltimento è opportuna. Gli interessi e gli obiettivi delle due attività possono essere potenzialmente conflittuali e soprattutto molto diversi dal punto di vista costi-ricavi delle due attività. Il sistema pianificatorio e di regolazione deve creare le condizioni di coerenza complessiva del sistema dove, rispettando le gerarchie comunitarie per la gestione dei rifiuti, ad un fabbisogno deve corrispondere a scala territoriale adeguata una disponibilità impiantistica. Per questo, con un parallelismo un po’ forzato, come avviene in altri servizi a rete, chi gestisce impianti di smaltimento (discariche o inceneritori) non necessariamente deve gestire servizi di raccolta. Inoltre i compiti che devono svolgere queste aziende comportano una conoscenza e un’organizzazione nonché una tipologia di lavoratori estremamente differente e specialistica.
Discorso diverso va fatto per gli impianti di selezione, recupero o compostaggio, che sono maggiormente correlati ed integrabili al servizio di raccolta. La raccolta differenziata non può essere pianificata e modellata senza avere un riferimento certo sulla destinazione (almeno come primo punto di conferimento) per l’avvio della filiera del recupero a condizioni economiche adeguate.

a) La partecipazione alle scelte

Ma c’è un elemento che deve ispirare le scelte degli amministratori del PD per la realizzazione dei progetti di innovazione della modalità di raccolta come per la scelta della localizzazione di tutti gli impianti dedicati al trattamento dei rifiuti: la partecipazione attiva dei cittadini in tutte le fasi. Dobbiamo avere la capacità di discutere con tutti le nostre proposte renderle condivise, verificare le obiezioni, spiegare i vantaggi e i rischi e poi decidere. Sapendo che non finisce qui, che la verifica ed il controllo ad esempio delle emissioni, devono essere in mano pubblica e indirizzate verso la massima chiarezza e comunicabilità.

Realizzare processi di Agenda 21 locale, di partecipazione, coinvolgendo tutti nelle formazione delle decisioni, non può naturalmente portare all’impossibilità di procedere nelle scelte. E’ noto come per la sfiducia nelle Istituzioni, che nel nostro paese ha purtroppo delle motivazioni che derivano anche da nostre responsabilità, oggi sia difficile perfino realizzare un ecocentro per la raccolta dei rifiuti ingombranti, e quindi la politica deve alla fine assumersi la responsabilità di fare sintesi, ma senza scorciatoie.

b) I rifiuti: un opportunità di sviluppo nella logica della green economy

Stimare il valore del mercato verde nel nostro Paese non è facile, dato che i business sono dispersi in diversi segmenti.
Solo i servizi ambientali delle aziende relativi ai rifiuti urbani fatturano circa 7,2 Mld e occupano 83 mila addetti. Nell’ambito del riciclo di materia provenienti dai rifiuti l’industria ha mostrato nell’ultimo decennio un forte dinamismo . Per acciaio, alluminio, carta e vetro, oltre il 50% degli input alla produzione è costituito da materie prime secondarie. Con la crisi economica si è registrata una contrazione della produzione delle materie riciclate. Di conseguenza mentre carta e cartone insieme al vetro continuano ad essere conferiti sul mercato plastica, metalli e legno hanno subito una diminuzione di cui pure bisogna tener conto nel disegno di un ciclo industriale che tenga conto della relazione con il mercato.

b.1 Prevenire la produzione dei rifiuti: la vera risposta

Il Piano Nazionale per la prevenzione dei rifiuti (che dovrà essere redatto ai sensi della direttiva UE 2008/98/CE entro il 12/12/2013) sarà l’occasione per un forte impegno politico del PD. La responsabilità estesa del produttore è un concetto rivoluzionario Si tratta di una norma che troviamo nella Direttiva importantissima, che rimanda al principio della responsabilità del produttore del prodotto “dalla culla alla tomba”. In sostanza, come il produttore è responsabile direttamente verso il consumatore e la collettività per il danno da prodotto (e ciò da oltre un secolo: il primo caso avvenne in Scozia, quando una giovane si ammalò dopo aver consumato al bar una “ginger beer” in cui si trovavano tracce di una lumaca…), si vorrebbe rendere lo stesso produttore analogamente responsabile anche per i “danni da rifiuti”. L’introduzione di questo principio è da un lato molto impegnativo per le imprese ma dall’altro può essere da stimolo per iniziare a ragionare su come si produce anche in funzione di quello che viene “scartato” .

Il Piano nazionale per la prevenzione è una formidabile opportunità per l’apparato industriale italiano, per il circuito della commercializzazione come per la comunità scientifica; anche per questo dovrà essere sostenuto da una Conferenza Istituzionale Nazionale (forse biennale e promossa dal Governo) utile a sostenerne l’iniziativa.

Dovremo essere protagonisti di un’iniziativa capace di realizzare, d’intesa con tutti i soggetti aventi causa (imprese, enti di ricerca, università), un primo programma finalizzato alla individuazione ed introduzione di tecniche (eco design, biomateriali ecc.) di produzione di beni e servizi e di processi industriali che riducano la produzione di rifiuti (da consumo di beni e servizi e dai processi industriali). Dovremo inserire fra le proposte quelle che maggiormente potranno produrre innovazione come quella di far sì che le risorse economiche investite dalle imprese nella ricerca scientifica ed applicata ai fini della riduzione dei rifiuti siano fiscalmente ed interamente deducibili. Ed, ad esempio, gli Enti che partecipino attivamente ai progetti dovranno ricevere una “success fee” allorchè la ricerca dia luogo a brevetti commercializzabili. Dare incentivi alla ricerca, non a fondo perduto, ma per incoraggiare innovazione deve essere un modello d’iniziativa concreta del modo di governare del PD.
Un secondo programma dovrà essere dedicato alla riduzione dei rifiuti generati dall’imballaggio e confezionamento delle merci. La Grande Distribuzione Organizzata e l’industria del packaging devono raccordarsi con la finalità di individuare ed introdurre tecniche per ridurre i rifiuti procurati dalle loro attività.

Un terzo programma deve essere dedicato all’analisi ed alla valutazione degli interventi della pubblica amministrazione orientati al risparmio di materia ed alla riduzione dei rifiuti (sostegno all’uso delle acque pubbliche, contrasto dell’uso delle plastiche da trasporto, deterrenza per la pubblicità cartacea ecc).

Un quarto programma dovrà occuparsi della disciplina LCA (life cycle analysis, analisi del ciclo di vita della materia) con l’intento di ricercare tutte le ottimizzazioni possibili in tema di ciclo di vita della materia e risparmio di energia affinchè possano individuarsi e promuovere le BAT (best available tecniques) applicabili al trattamento dei rifiuti. Anche in questo caso una politica attiva è quella capace di promuovere le eccellenze, di favorirne la diffusione e la promozione. Indispensabile poi diventa addivenire ad un’unica metodologia di calcolo del LCA.

Il quinto programma, che ha però un ruolo decisivo sull’efficacia reale di quanto vogliamo realizzare, dovrà essere dedicato alle politiche degli acquisti “verdi” sia da parte della pubblica amministrazione che da parte, almeno, delle imprese esecutrici di appalti pubblici con il fine di favorire l’impiego di tutti quei prodotti ottenuti dal riciclo di materia che non possono avere un utile mercato. Occorre, fin da subito avviare una ricognizione tra le amministrazioni locali (regioni, province e comuni) rette da giunte di centro-sinistra sullo stato di attuazione delle politiche di GPP. È necessario infatti considerare che il GPP è un elemento prioritario per l’avvio di processi virtuosi in grado di utilizzare e trasformare le materie prime seconde, derivanti dal recupero, in fattori di crescita per attività imprenditoriali innovative. Il PD dovrà sostenere l’adozione di Piani di azione per gli acquisti verdi, coerenti con le linee guida proposte dall’Unione europea, promuovendo il ricorso al mercato elettronico della Pubblica Amministrazione e l’inserimento di criteri ecologici e di efficienza negli acquisti della PA.

b.2 Riciclare materia

L’estensione a tutto il Mezzogiorno delle buone pratiche della raccolta differenziata può consentire l’intercettamento ed il convogliamento a riciclo di circa l’80% degli imballaggi. Delle 14 milioni di tonnellate immesse al consumo, ora se ne raccolgono 8 milioni. La crescita dei servizi nelle regioni centro-meridionali può portare, nel tempo, a raccoglierne complessivamente almeno 11 milioni (il 32% del totale dei rifiuti urbani annui). Non si tratterà certo di un risultato da raggiungere in pochi mesi, data anche la strutturale mancanza di impiantistica dedicata alla raccolta differenziata e l’azione dovrà essere accompagnata da una adeguata strategia rivolta a gestire le situazioni del presente. Per raggiungere questo obiettivo è necessario incentivare i gestori che dimostrino di raggiungere risultati misurabili e certi, anche penalizzando economicamente il ricorso alle discariche e premiando, invece, le buone pratiche.

E in ogni caso sarebbe opportuno ragionare sul ruolo che in un sistema di gestione integrata potrebbero svolgere le discariche controllate. Esistono alcune esperienze che, hanno pensato alle discariche come veri e propri carbon sink. In questo caso appare evidente come una corretta gestione dei rifiuti solidi, possa portare a massimizzare il ruolo di serbatoio di carbonio connesso alla umificazione della sostanza organica (compostaggio) e alla stabilizzazione ed immobilizzazione di sostanza organica che avviene all’interno della stessa discarica.

Sul piano nazionale dobbiamo spingere per sviluppare il mercato delle materie provenienti da raccolte differenziate, sviluppare la domanda e permettere l’azione di più operatori in concorrenza. Il ricorso al mercato delle materie riciclabili comporta il riposizionamento dei comuni nella condizione di enti regolatori, singoli o associati, del sistema di gestione del ciclo integrato abbandonando il ruolo di contraenti degli accordi commerciali con il monopolio privato del riciclo. Bisogna però ricordare che per quanto il sistema CONAI sia una sovrastruttura che genera costi, all’interno del quale andrebbe prevista la presenza di una rappresentanza delle Istituzioni locali e dei gestori, resta il fatto che ha due importanti vantaggi:

1) Per ogni unità di imballaggio prodotto deve essere versato un contributo proporzionale al peso. Il sistema incentiva un percorso virtuoso di riduzione dei pesi e degli imballaggi.
2) Per i gestori è importante avere la garanzia che il materiale raccolto differenziato sia ritirato da piattaforme obbligate a riconoscere un prezzo garantito e utilizzabile nei piani finanziari e nei bilanci di previsione, senza risentire delle oscillazioni del mercato. L’incertezza potrebbe invece diventare un deterrente ai processi di cambiamento.

Su questo punto servirebbe anche al nostro interno e attraverso un confronto con gli attuali protagonisti del sistema un maggiore approfondimento con una descrizione più dettagliata delle motivazioni e del nuovo scenario, in modo da poter capire bene cosa si propone e le motivazioni di un cambiamento che è molto radicale di un sistema oggi comunque funzionante.
Per ottenere la massima efficienza del riciclaggio e raggiungere gli obiettivi europei (50% di riciclo entro il 2020) è necessario trattare la frazione organica che rappresenta circa il 40% del totale dei rifiuti urbani e costituisce il principale problema ambientale dato dai rifiuti urbani. Per questa ragione, almeno tutti i plessi grandi produttori di tali rifiuti (mense, ospedali, caserme, scuole, ristoranti ecc) devono poter ricevere il servizio dedicato all’asporto di questi rifiuti che saranno poi consegnati al recupero.

Le modalità di svolgimento delle raccolte differenziate devono premiare, quindi, la miglior capacità di intercettare i rifiuti per tipologia pur tenendosi conto dell’equilibrio economico e dell’efficienza di sistema. Anche sul sistema di raccolta è necessaria una riflessione. Oltre alla efficienza del sistema che deve garantire il miglior livello di intercettazione di materiali puliti a costi equi, si è già detto della necessità di correlare in modo stringente la scelta dei modelli e dei flussi di raccolta differenziata rispetto all’impiantistica di recupero effettivamente disponibile in condizioni logistiche accettabili. Altrimenti la raccolta differenziata resta fine a se stessa anche se garantisce livelli percentuali elevati di intercettazione, ma poi la percentuale di recupero o i costi da sostenere non sono coerenti.

Il sistema di raccolta sia esso stradale o porta a porta, per semplificare, non è neutro rispetto agli obiettivi finali di minimizzazione della quota smaltita, incremento della quota recuperata e sostegno di cicli virtuosi di riutilizzo. Non si tratta di fare una scelta ideologica, ma di guardare la realtà dei numeri nelle diverse regioni italiane dove, in ragione delle condizioni territoriali e socio-economiche occorre proporre sistemi misti che certamente possono comprendere anche sistemi fortemente domiciliarizzati all’interno di un equilibrato compendio che porti a raggiungere gli obiettivi posti dalla normativa a costi sostenibili.

I sistemi stradali se da un lato garantiscono maggiore flessibilità di servizio e sono stati oggetto di evoluzioni tecniche e tecnologiche finalizzate alla riduzione dei costi, dall’altro rendono meno stringenti le responsabilità del produttore di rifiuti, anche in ordine al dovere civico di partecipare alla raccolta differenziata.

I sistemi porta a porta, fortemente personalizzati nei diversi territori, pur estremamente flessibili e variabili sulla base dei contesti urbanistici differenti, anche sulla stessa via, hanno sicuramente una maggiore capacità di responsabilizzare il produttore, separare i flussi e ottenere più alte percentuali di materiali da conferire gli impianti di recupero. Ogni sistema ha quindi punti di forza e debolezza. In ogni caso molta attenzione va posta sul tema de-assimilazione dei rifiuti speciali che rischia di portare più svantaggi che vantaggi ai cittadini in termini di costi ed al controllo del territorio in termini di impatto ambientale.

Rispetto a questa prospettiva, fondamentale diventa il ruolo che le Regioni devono svolgere attraverso il Piano dei rifiuti. Infatti se è evidente che le istituzioni locali devono poter controllare l’intera filiera, è naturalmente a livello regionale che bisogna impostare le scelte della dotazione impiantistica e della definizione dei bacini per una gestione efficace. Questi piani devono necessariamente tenere insieme la programmazione sia dei flussi degli urbani che dei rifiuti speciali e pericolosi.

Gli impianti per la produzione di energia e compost dai rifiuti devono aver riconosciuto il loro ruolo primario nella tutela ambientale (il compost sequestra CO2 dall’atmosfera), perciò è necessario che lo Stato ne incentivi il funzionamento anche attraverso i meccanismi dei certificati verdi per la quota biodegradabile dei rifiuti (sia urbani che speciali), sia favorendo l’uso del prodotto nelle coltivazioni agricolo-forestali del demanio.

Lo sviluppo del riciclaggio deve rappresentare il sistema cui informare tutti i servizi di collettamento dei rifiuti urbani e industriali, poiché il recupero di materia, associato al risparmio di energia, è la frontiera di civiltà per un paese che vuole guardare al futuro. Ma deve coinvolgere anche chi disegna i quartieri e i palazzi, chi progetta la città deve tenere conto della gestione dei rifiuti nei regolamenti edilizi. E naturalmente è necessario imprimere una sollecitazione affinchè le amministrazioni locali adottino e realizzino la raccolta differenziata dei rifiuti nei propri uffici, adottando procedure di dematerializzazione e di semplificazione (e-governement) oltre a promuovere buone pratiche di prevenzione e riduzione dei rifiuti (es. mense, eventi, …). Pensiamo al recente progetto “last minute market” che consente di prevenire la produzione di tonnellate di rifiuti organici e nel contempo utilizzare prodotti alimentari ancora di buona qualità. Non si tratta di un problema di cultura ma di comportamenti per i quali è fondamentale il contesto che si riesce a creare. Ogni volta che si parla di cultura implicitamente parliamo di decenni, i comportamenti invece possono cambiare da un giorno all’altro. Il problema è quindi quello di creare il contesto che favorisce i comportamenti voluti.

b.3 Recuperare energia

Oggi i rifiuti urbani residui e i rifiuti che residuano dal recupero di materia dei rifiuti urbani, cioè quelli che non possono essere riciclati a valle delle raccolte differenziate ovvero esitano dalle lavorazioni del riciclo e non acquisibili da altre forme di recupero, devono essere trattati termicamente al fine di minimizzarne la pericolosità ed estrarre energia. La moderna tecnologia dell’incenerimento è consolidata e concorre, insieme al riciclaggio, a diminuire in modo rilevante il ricorso alle discariche. La dotazione impiantistica del paese è obsoleta e insufficiente: tutti i paesi del nord europeo (comprese Francia e Germania) trattano termicamente il 35% dei loro rifiuti contro il 12% dell’Italia mentre la taglia media degli impianti italiani è piccola (60 mila ton/anno) rispetto a quella francese (100 mila) e tedesca (240 mila).

E’ auspicabile puntare su pochi impianti di grande taglia, più sicuri ambientalmente, più efficienti e superando l’idea che ogni ambito ottimale debba per forza avere un grande impianto di smaltimento e guardando in prospettiva, impegnarsi anche per il superamento in futuro di questa tecnologia per realizzare quella società del riciclaggio auspicata dalla Direttiva Europea. E’ di grande importanza il contributo che i rifiuti soprattutto nella loro parte organica possono dare al fabbisogno energetico. Questo grazie allo sfruttamento delle biomasse, sia come produzione di biometano , combustibile che può essere usato sia per trazione, sia essere immesso in rete che utilizzato direttamente per produrre energia.

Conclusioni

La produzione legislativa in materia di rifiuti è ridondante, aggrovigliata e spesso inapplicabile. La semplificazione è amica delle buone pratiche, perciò si deve rapidamente revisionare il complesso delle norme ed estrarne un compendio finalmente efficace, chiaro e gestibile. Non sprecare risorse, energie e tempo nel rispetto spesso solo formale di una miriade di cavilli è una buona pratica ambientale.

Per raggiungere questi obiettivi è però necessaria anche una scelta sui modelli organizzativi del servizio su larga scala. Le Agenzie di Ambito non sono decollate se non in poche regioni. Anche in questo campo come in altri per le nomine negli organismi tecnici si è spesso ricorso a personale politico la cui preparazione e competenza era tutta da dimostrare, creando ulteriori difficoltà alla affermarsi di una buona amministrazione. Va inoltre affrontato il tema dell’efficienza delle aziende ex municipalizzate e la necessità di selezionare i dirigenti sulla base del merito, avere aziende dove la politica decide cosa fare e i manager decidono come farlo. Dirigenti competenti non sono però sufficienti se le aziende continuano a muoversi in un contesto frammentario non economicamente competitivo: occorre assumere un modello di riferimento che riduca per ogni Regione il più possibile le aziende di gestione, favorendo l’integrazione e assicurando loro un bacino di utenza adeguato ad ammortare i costi di investimento e di gestione.

Naturalmente le scelte politiche dovranno essere coerenti con il progetto, con dei piani di azione concreti. Potremmo fare di questo tema un’area di eccellenza, decidere di mettere in piedi una task force con capacità progettuali e operative elevate da mettere a disposizione dei vari presidenti di regione, sindaci e assessori. Realizzare un programma strutturato di benchmarking e diffusione operative delle best practice adattate alle differenze locali per sostenere i nostri amministratori.
Certo in ogni caso va superata la frammentazione che vede oggi ancora gli ottomila comuni italiani come stazioni appaltanti, con una presenza ancora notevole della gestione in economia, che rendono difficilissimo l’affermarsi di un moderno ciclo industriale. La recente norma che abolisce gli AATO non dà indicazioni e rimanda la scelta alle regioni. Il PD ritiene che a questo punto sia necessaria una proposta celere che permetta di affrontare in maniera organica questo aspetto.
Infine una valutazione di prospettiva. Questo ambizioso programma per essere realizzato ha bisogno di capacità progettuale: per fare la raccolta differenziata non basta il porta a porta, se non c’è una programmazione impiantistica adeguata. Non si può raccogliere l’umido e portarlo a trattamento a cento, duecento, e in alcuni casi, quattrocento km di distanza. Come non si può raccogliere la plastica, selezionarla, e poi mandarla ad incenerimento (tanto vale utilizzarla a questo scopo direttamente). E’ necessario che ogni realtà territoriale omogenea, veda al proprio interno dove è possibile la realizzazione di tutta la filiera, e che le scelte delle Amministrazioni favoriscano l’impiego di prodotti provenienti dall’utilizzo di materie prime seconde: gli acquisti verdi o GPP (Green Public Procurement) devono diventare una prassi per tutte le amministrazioni dove il PD governa, sarà quindi compito degli amministratori produrre un proprio piano degli acquisti verdi.

Le sollecitazioni presentate sono volte non solo ad avere una gestione sostenibile dei rifiuti ma anche un incremento di occupazione. Sia a livello di manodopera, che sul fronte della ricerca, dell’innovazione. Per altro attraverso una buona gestione ed efficienza della raccolta si possono produrre risparmi e ricavi dalla vendite dei materiali, evitando così di far crescere i costi.
La proposta del PD è quindi quella di superare l’approccio volto esclusivamente alla gestione dei rifiuti, ma inserire questo tema all’interno di una logica di sviluppo economico, di opportunità per le imprese italiane. Partendo innanzitutto nel produrre meno rifiuti sia attraverso un approccio di “Hardware” costruendo prodotti diversi , con meno imballaggi e con design adeguati per essere recuperati o riciclati e uno “software” e cioè cambiando le abitudini al consumo. E’ poi necessario sul versante del riciclo e del recupero di materia incoraggiare non solo l’insediamento di impianti per il trattamento e la separazione dei rifiuti, ma anche la ricerca sui materiali e soprattutto il loro utilizzo in una filiera corta che ne consenta l’economicità e l’efficacia. Si tratta quindi di promuovere tramite le Regioni, piani che con il coinvolgimento degli Enti Locali, dei soggetti pubblici e privati, diano luogo alla nascita di distretti operativi sul fronte del riuso e del riciclo dei materiali, sostenuti anche da una forte azione di acquisti verdi delle amministrazioni pubbliche.

E’ su questi temi che dovremo sviluppare l’iniziativa dei nostri amministratori, ma sarà fondamentale anche dimostrare l’impegno di tutto il partito con delle iniziative capillari sul territorio che facciano coincidere la proposta con la pratica dell’obiettivo coinvolgendo tutti i cittadini.

Dipartimento Ambiente Nazionale del PD
Alessandro Bratti

Forum Ambiente del PD
Dario Esposito