Epifani: “Il patto di stabilità interno è stupido. Cura shock o crescerà l’allarme sociale
Intervista a Guglielmo Epifani su la Repubblica del 26/5/2013 – di Roberto Mania
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«SERVIREBBE una cura shock», dice Guglielmo Epifani, segretario del Pd. Una cura per far uscire il paese dalle secche della recessione e della disoccupazione. E spiega: «Bisogna immettere liquidità nel sistema produttivo per rompere questa ingiustificata stretta creditizia. Bisogna allentare i vincoli di un patto di stabilità interno stupido che impedisce di fare gli investimenti. E poi l’ Europa deve cambiare il segno della sua politica economica.
D’altra parte Stati Uniti e Giappone stanno uscendo dalla crisi proprio mettendo in campo scelte opposte a quella che sta applicando il Vecchio Continente sulla spinta della Germania». Anche il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha lanciato un doppio allarme: c’ è il rischio che il nord finisca nel baratro e trascini con sé tutto il paese portandolo indietro di mezzo secolo; la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli che incrinano la coesione sociale. Non crede, però, che ci siano delle responsabilità delle imprese italiane se ci troviamo in questa condizione? «La situazione è davvero pesante. C’ eravamo illusi che il 2013 potesse essere l’ anno della svolta. Mario Monti disse che si vedeva la luce in fondo al tunnel. Invece i dati continuano ad essere pessimi: il Pil che scende, la produzione industriale e i consumi in discesa libera. L’ inversione di tendenza non si vede proprio. È vero però che le aziende che esportano fuori dall’ Europa continuano a lavorare e a guadagnare. Penso alla Chrysler, alla Luxottica, a Della Valle. Chi invece produce solo per il mercato interno è in profonda difficoltà. Credo che Squinzi abbia ragione quando denuncia la mancanza di credito. Ma con la stessa onestà intellettuale bisogna riconoscere che la maggior parte delle imprese italiane quando hanno accumulato risorse non le hanno reinvestite nel miglioramento del prodotto e dei processi produttivi con la velocità che il passaggio da una moneta debole, come la lira, a una moneta forte, come l’ euro, richiedeva. Chi l’ ha fatto, più o meno un terzo del nostro sistema manifatturiero, ora va bene; chi non l’ ha fatto sta affondando». E sta affondando anche l’ Ilva, con decine di migliaia di posti di lavoro a rischio. Secondo lei è soltanto colpa della famiglia Riva? «È evidente che non si sono fatti tutti gli investimenti necessari per mettere in sicurezza l’ ambiente e le condizioni di lavoro». A questo punto dovrà intervenire nuovamente il governo? «Come è già stato fatto si deve cercare di separare la continuità produttiva dalle scelte della magistratura e anche da quelle della proprietà. È una q u e s t i o n e molto delicata. Ma più in generale è delicata la situazione dell’ industria siderurgica nazionale: per ragioni diverse sono in crisi l’ Ilva, la Lucchinie anche la Thyssen di Terni. Il governo dovrà mettere in campo politiche settoriali perché l’ Italia non può rinunciare a un’ industria di base come quella siderurgica. È importante e delicata quanto lo scorporo della rete delle telecomunicazioni da Telecom». Queste sono scelte di politica industriale che è stata abbandonata da diversi anni. «Ed è stata una colpa grave del centrodestra: lasciare andare le cose, pensando che riducendo i diritti e aumentando la flessibilità del lavoro il sistema industriale ripartisse da solo. Si è visto che non era vero». Il governo Letta dice che la priorità è il lavoro ma poi il primo provvedimento che ha preso è stata la sospensione del pagamento della rata dell’ Imu. Non è una contraddizione? «Il governo sta muovendo i primi passi. Però in assenza pressoché totale di risorse, quel poco che c’ è l’ ha destinato al finanziamento della cassa integrazione in deroga che sostiene i lavoratori più deboli, alla conferma dei 150 mila precari della pubblica amministrazione e ai contratti di solidarietà che spalmano il lavoro riducendo l’ orario. Mi pare che i primi provvedimenti del governo siano andati in questa direzione. Silvio Berlusconi chiedeva la restituzione dell’ Imu pagata nel 2012. Mi sembra che non ce ne sia traccia». Potrà essere questo il gov e r n o d e l l a crescita? «La nostra crescita dipenderà dall’ Europa, c’ è ormai un’ interconnessione molto forte. Per questo serve un cambio significativo di politiche economiche. Servono risorse per gli investimenti, in parte possono venire dall’ Europa dopo che saremo usciti dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, in parte dall’ interno». Una patrimoniale? «Ci sono tanti strumenti. Ma credo che oggi sia centrale, ripeto, la questione del credito. Il governo dovrebbe aprire un tavolo di confronto con l’ associazione delle banche. Ci sono centinaia di migliaia di imprese che rischiano di chiudere per mancanza di liquidità. E poi vanno liberate risorse per gli investimenti allentando il patto di stabilità interno». Intanto c’ è il rischio di un aumento dell’ Iva. «Sarebbe incomprensibile un aumento dell’ Iva, che darebbe la botta finale alle famiglie con redditi più bassi e ai piccoli negozi al dettaglio, contestualmente all’ abolizione dell’ Imu sulla prima casa indipendentemente dal valore e dal reddito dei proprietari. Lo dico a Berlusconi: non serve a nulla difendere le proprie bandierine se poi si perde tutti sul piano sociale». Infine: che effetto avrà il voto di Roma sulla tenuta del governo? «Le elezioni amministrative coinvolgono una piccola percentuale dell’ elettorato che peraltro ha votato solo qualche mese fa. Roma può essere un laboratorio per la sinistra, come lo sono stati Milano e Genova. Ma l’ alternativa è semplice: continuare a far governare Alemanno oppure cambiare».