Furia: Il 2021 inizia scoppiettante
Il 2021 inizia scoppiettante: la transizione non pacifica del potere negli Stati Uniti e il rischio di crisi di governo in Italia ci hanno tenuto incollati agli schermi, alla ricerca di un perché.
Della vicenda americana si è detto e scritto tanto. Emerge con chiarezza una volta per tutte come dietro al multimiliardario Trump si nascondesse una destra fascista e parafascista, che traffica in armi non registrate e che studia piani eversivi sui social network come nulla fosse. Si nascondeva in bella vista, tra un tweet e l’altro del Presidente americano, una missione di picchiatori fascisti e l’altra, un’entratura nelle forze dell’ordine e l’altra. Una destra paranoica e complottista, che si nutre di risentimento e frustrazione sociale, ma che risulta ben radicata in alcuni gangli del potere costituito e tutt’altro che estranea a certe élites che, negli Stati Uniti, contano parecchio. L’organizzazione più nota si chiama QAnon. Se si fa un esercizio di ricerca su Google, si scoprirà che ci sono decine di articoli che ne parlano negli ultimi anni. Un articolo di novembre uscito su Open Online titolava: “Cos’è QAnon, la setta digitale che non dovete sottovalutare”. Non dovevamo, infatti. Pare che negli ultimi giorni si stiano moltiplicando su social come Parler minacce e segnali di organizzazione di nuove manifestazioni violente per il 20 gennaio, giorno del giuramento di Biden. Con tutto il rispetto per Twitter e Facebook e le loro politiche di ban di profili e quant’altro, a smantellare le organizzazioni criminali di stampo terroristico – perché di questo si tratta – ci deve pensare lo stato. La destra fascista non è un’opinione, ma un reato: in America come in Italia. Per questo continuiamo a raccogliere le firme per l’Anagrafe Antifascista (—> qui : https://anagrafeantifascista.it/)
Per quanto riguarda la crisi di governo italiana, più volte annunciata, per ora non effettiva, occorre rilevare innanzitutto che l’oggetto del contendere, per la grande massa degli italiani, è apparso a tratti strumentale e a tratti incomprensibile. Naturalmente il Recovery Plan – su cui hanno lavorato ministri del PD come Amendola, Gualtieri e Provenzano – doveva essere oggetto di una discussione con le forze politiche. Il PD ha fatto bene a insistere affinché maggiori risorse fossero spostate sul capitolo degli investimenti e per la riorganizzazione delle politiche attive del lavoro. Ma questa discussione deve ridimensionarsi e risolversi senza traumi. Noi non vogliamo la crisi di governo, non la capiamo. E non siamo disponibili a far nascere un nuovo esecutivo con i voti di Lega e di Fratelli d’Italia, non riteniamo sia giusto andare ad elezioni nel pieno del piano vaccinale e a pochi mesi da un appuntamento amministrativo importante quale quello previsto per la primavera del 2020. Chiediamo che il piano vaccinazioni continui con la prontezza con cui è cominciato, e di cui siamo fieri – siamo i più veloci d’Europa. Ritengo che si debba ora porre attenzione a due temi, tra i moltissimi. Primo: la riforma degli ammortizzatori sociali è urgenza nazionale. Quando il blocco dei licenziamenti sarà tolto, per un certo tempo non basteranno gli incentivi alle assunzioni dei giovani con meno di trentacinque anni e le politiche di sostegno generali (ristori) e e di settore (bonus edilizia, bonus automotive etc) a tamponare la crisi occupazionale. Una crisi che rischia di riguardare soprattutto i lavoratori più anziani, più costosi sotto il profilo contributivo e più difficilmente ricollocabili nel mondo del lavoro. Occorre senz’altro superare l’automatismo della “quota Cento”, che infatti non sarà rifinanziata, ma occorre favorire scivolamenti che favoriscano la pensione anticipata di un certo tipo di personale, oltre che l’allargamento della NASPI a categorie che storicamente ne sono state escluse, quali i precari. Secondo: attenzione a tutta la sfera della pubblica amministrazione. Si è iniziato ad assumere più medici, più insegnanti, più ricercatori. Questa politica non può essere una tantum: secondo le stime siamo al penultimo posto in Europa per numero di dipendenti pubblici in rapporto al numero di abitanti; tra gli ultimi per quanto riguarda la loro età media. Coprire i fabbisogni ottimali dopo 15 anni circa di blocco del turn over, in tutti i settori e in particolare in quelli a maggior valore aggiunto (la ricerca ad esempio) sarà difficile e ci vorrà una accorta pianificazione pluriennale. Assunzioni, investimenti, liquidità nel settore privato, ammortizzatori sociali; e ancora: medicina territoriale, transizione ecologica e digitalizzazione / connessione dei territori, politiche di genere, difesa degli asset pubblici principali, sono questi i capitoli che il PD dovrà presidiare, nell’azione di governo ma anche attraverso un dibattito pubblico che sappia toccare il cuore degli interessi e delle necessità dei cittadini.
Paolo Furia, Segretario PD Piemonte