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Andrea Giorgis (Pd): “Il finanziamento pubblico è un’investimento sulla democrazia. Altrimenti diventa un affare per ricchi”

Ha fatto discutere la convergenza che c’era stata tra Pd, Avs e maggioranza per raddoppiare (quasi) i fondi del 2×1000 ai partiti. Si tratta di una quota dell’Irpef che il cittadino, liberamente, può scegliere di destinare a un partito. La norma proposta è stata tolta dal decreto fiscale, anche su sollecitazione del Quirinale, ma il fondo è stato comunque aumentato, di 4,6 milioni, poco prima che il decreto andasse in Aula. La questione riapre l’antico dibattito sul sostentamento della politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Giorgis, costituzionalista e parlamentare del Pd, che ha presentato una legge sul finanziamento pubblico dei partiti. E che non ha timore nel dire che dare la possibilità alla politica di sopravvivere a prescindere da eventuali donazioni private garantisce la democrazia.

Senatore, l’emendamento Pd e Avs, riformulato dal governo, che avrebbe quasi  raddoppiato i fondi del 2×1000 ai partiti, ha causato molte polemiche. C’è chi urla all’inciucio in nome del dio denaro. Qual era, invece, la ragione della proposta e perché inserirla proprio nel dl fiscale?
Le risorse che i cittadini hanno scelto di destinare ai partiti politici attraverso il 2×1000 sono superiori a quelle contenute nello specifico fondo che, ricordiamolo, ha una capienza di 25 milioni. L’emendamento sottoscritto dal Pd e da Avs cercava di fare in modo che tutte le scelte dei cittadini trovassero soddisfazione, incrementando il fondo di 3 milioni per il 2024. Poi è stata fatta una riformulazione dell’emendamento da parte del relatore e del Governo che invece modificava complessivamente l’istituto del 2×1000 e, in particolare, il criterio di riparto, la percentuale e la natura del fondo, determinando alla fine un incremento delle attuali risorse di circa 15 milioni. Una riforma complessiva che nel metodo è sicuramente discutibile: il decreto legge non è la fonte giusta, nè tanto più lo è un emendamento riformulato all’ultimo. Ma del come garantire l’autonomia della politica occorre discutere e il Pd lo propone da tempo.

Dal Colle, in effetti, hanno fatto capire che un decreto legge non era il mezzo adatto, perché mancavano i requisiti d’urgenza. Si proverà a portare la questione in Parlamento con una proposta di legge? C’è margine di convergenza con la maggioranza?

Dare attuazione all’art.49 della Costituzione (articolo sul diritto ad associarsi in partiti, ndr), rafforzare la trasparenza e la democrazia interna dei partiti, garantire la separazione e l’autonomia della sfera politica da quella economica, mettere i partiti nella condizione di poter organizzare sul territorio una costante partecipazione critica e riflessiva, pensiamo sia nell’interesse di tutti e che alla fine possa contribuire a contrastare il crescente astensionismo e a rafforzare la capacità di governo delle istituzioni politiche.

Ormai ogni volta che si parla di finanziare i partiti (anche se nel caso del 2×1000 a farlo sono i privati) si urla allo scandalo. È colpa dell’antipolitica, del populismo, o anche i partiti hanno le loro responsabilità?
Credo che i partiti, tutti, dovrebbero assumersi la responsabilità di spiegare a viso aperto le molte e buone ragioni per investire nella democrazia, moltiplicando le occasioni e i luoghi della partecipazione e del confronto. La democrazia può infatti essere uno straordinario fattore di crescita e di integrazione se non è questione di pochi, se non si esaurisce nel momento del voto e non è ostaggio del qualunquismo e delle pulsioni più irrazionali ed egoistiche. Ma come ogni bene sociale, la democrazia – bisogna anche ricordare – è il prodotto artificiale dell’azione umana: come un ospedale o una scuola, non cresce e si diffonde spontaneamente, le persone non possono riunirsi e discutere se qualcuno non organizza l’incontro, non dispone di una sede, non predispone una proposta.

In Parlamento c’è una sua proposta di legge per ripristinare il finanziamento pubblico ai partiti. Cosa prevede? Sta andando avanti in commissione?

La proposta cerca di dare attuazione a tre principi fondamentali. L’autonomia della politica dal potere economico, la democrazia interna dei partiti e la trasparenza di tutte le loro attività. Per quanto riguarda l’autonomia dal potere economico il disegno di legge prevede, da un lato, il dimezzamento delle erogazioni liberali possibili, e dall’altro l’incremento del fondo pubblico destinato ai partiti (trasparenti e democratici), passando dagli attuali 25 milioni a 45 milioni, e l’introduzione di un criterio di riparto simile a quello che vige a favore delle confessioni religiose con l’8 x 1000 (il cui fondo è aperto e nell’ultimo riparto ammonta a circa 1,4 miliardi).

Sostenere la necessità del finanziamento pubblico ai partiti non porta consensi. Perché secondo lei è importante che sia lo stato a finanziare i costi della politica?
Perchè senza risorse non è possibile organizzare la partecipazione democratica e garantire ai cittadini la possibilità di concorrere a determinare l’indirizzo politico delle comunità in cui vivono. E perchè occorre scongiurare il rischio che chi detiene ingenti risorse economiche possa, per ciò solo, acquisire una posizione politica dominante, possa insomma “comprarsi” consenso e cariche politiche o comunque concentrare in sé oltre al potere economico, anche quello politico, facendo in tal modo venire meno i presupposti di una democrazia liberale e pluralista.

La convergenza sul 2×1000 lascia ipotizzare che il centrodestra potrebbe aprire anche sul finanziamento pubblico. C’è margine per lavorare insieme a una norma che (nonostante le sue buoni ragioni) vi scatenerà contro tutto il populismo possibile?                                                                Voglio essere fiducioso e credere che a breve riprenda in commissione un confronto politico costruttivo.