Pd per la linea dura “Andare tutti a casa? Nulla è escluso”
La Stampa del 19/11/2013
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Morgando: l’inchiesta converge su Lega e Pdl
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Diversità. Gianfranco Morgando, segretario regionale del Pd ma di tradizione democristiane, rispolvera un modo di essere caro al vecchio Pci per ragionare sulle conseguenze della prossima conclusione dell’inchiesta su Rimborsopoli. Certo, ad oggi ci sono solo indiscrezioni giornalistiche – «e io auguro a tutti di non essere coinvolti» – ma in ogni caso quella quarantina di possibili richieste di rinvio «sembrerebbero mettere in evidenza un maggior coinvolgimento dei consiglieri di centrodestra rispetto a quelli del Pd».
«Tornare a votare»
E quel senso di diversità dei democratici viene anche rafforzato dal fatto che nell’inchiesta non sono mai entrati tre consiglieri: Placido, Pentenero, Laus. «Si tratta di un ulteriore elemento che, insieme alla sentenza della Cassazione, ci dà la forza di rilanciare la nostra battaglia per mandare Cota a casa e di permettere ai piemontesi di tornare a votare». La sede del Pd è piena dei manifesti della campagna politica e la novità, di fronte a quelli che Morgando chiama «fatti nuovi e rilevanti», è che il Pd non esclude la possibilità di un gesto eclatante: le dimissioni di massa.
Dimissioni più vicine
Certo è presto per parlarne, e soprattutto, sarà necessario fare più di un ragionamento non solo con i consiglieri regionali ma anche dentro il partito. Nei mesi scorsi era stata la capogruppo della Federazione della Sinistra ad avviare una raccolta firme tra i consiglieri di minoranza che si è persa nel palazzo. Ma anche dentro il Pd si stanno alzando voci che vanno in quella direzione. Morgando si dice convinto che «quando si conosceranno i risultati dell’inchiesta il livello di delegittimazione sarà così alto che Cota e i suoi non potranno cavarsela con un’alzata di spalle così come hanno fatto fino ad oggi». Nelle intenzioni/speranze di Morgando «questo dovrebbe aprire la porta alle dimissioni, così come è successo in Lazio e Lombardia».
Aldo Reschigna, capogruppo del Pd attacca: «Se le indiscrezioni dovessero essere confermate, credo che siano altri a dover fare un passo indietro: i vari Cota e Cattaneo». Il timore del Pd è che se anche ci fossero dimissioni di massa «il livello di impermeabilità di questa maggioranza è tale che non accadrebbe niente. Ecco perché finora abbiamo scelto la strada di cercare di cambiare le cose continuando la nostra battaglia dentro le istituzioni, e non fuori».
Cassazione
La sentenza della Cassazione con la condanna definitiva del leader dei Pensionati per la vicenda delle firme irregolari alle scorse regionali e la prossima conclusione dell’inchiesta di Rimborsopoli potrebbero spingere il Pd a cambiare linea: «Vedremo nei prossimi giorni anche in base all’evoluzione della situazione», aggiunge Morgando.
Il consigliere regionale del M5S, Davide Bono, anche lui indagato nell’inchiesta, commenta così le indiscrezioni giornalistiche: «Mi auguro che più consiglieri possibili sappiano giustificare le spese compiute come spese istituzionali, ma sicuramente è un buon segnale – e non negativo – che la magistratura metta un paletto all’arroganza e alla distaccata superiorità della politica». E aggiunge: «Da anni chiedevo, inascoltato, totale trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche, e non solo nel Consiglio: forse molto di questo non sarebbe successo se la politica si fosse data per prima regole scritte, precise».
Cinquestelle
Bono chiede che l’indagine venga estesa a livello nazionale: «Credo, infine, che la possibilità di tornare al voto al più presto in Piemonte debbano chiederla i cittadini e deciderla i magistrati amministrativi per ripristinare il senso della legalità in questa Regione. Non certo Bresso, che è stata sostenuta da un’altra lista al momento indagata per firme false e ha fatto spendere milioni di euro in più con la creazione di due gruppi consiliari recanti il suo nome, per poi sparire in quel di Bruxelles».