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Giustizia: una riforma deludente e inadeguata

Riportiamo di seguito l’intervento in Aula del ministro ombra della Giustizia, Lanfranco Tenaglia (28-01-2009)
Presidente, Ministro, onorevoli colleghi,
Il Pd ha presentato una risoluzione con la quale non si approva la relazione del Ministro.
In questo primo anno di legislatura la politica della giustizia del governo è stata assente completamente nel contrasto a quello che Lei sig Ministro ha chiamato e noi condividiamo essere il vero avversario della giustizia: la lentezza dei processi;

lacunosa quando si è timidamente manifestata con riferimento al processo civile perché con la sua proposta non si affrontano i due problemi veri del processo civile: la macedonia di riti processuali che noi alla camera abbiamo proposto di ridurre, e la sua maggioranza ce lo ha impedito, e i tempi certi e definiti di durata del singolo processo, che il PD voleva introdurre mediante l’udienza di programma e il suo governo e la sua maggioranza hanno risposto no;
dannosa nell’unico e solo provvedimento approvato il lodo che porta il suo nome che avrebbe meritato da Lei almeno una citazione nella relazione, non se ne vergogni, in fondo, come abbiamo da subito denunciato, ha due soli piccoli difetti: ha reso alcuni cittadini meno eguali degli altri nei confronti della legge, compiendo un grave strappo al dettato costituzionale e ha garantito l’immunità al Presidente del consiglio; e nella totale accondiscendenza alla furia dimezzatrice del ministro dell’Economia che le ha imposto, invece dei necessari stanziamenti, un taglio ai fondi per la giustizia di 800milioni di euro in tre anni e di procedere al blocco delle riqualificazione e delle assunzioni del personale amministrativo Altro che Giustizia quale emergenza nazionale il Suo Governo sta sulla giustizia, come in tema di crisi economica, esercitando la più grossa opera di irresponsabilità nazionale che la vita politica italiana ricordi;
omissiva quando non ha impedito la presentazione, da parte del Ministro Tremonti che alla faccia della coerenza aveva minacciato dimissioni per molto meno, della riforma del reato di bancarotta che prevede la sostanziale depenalizzazione per il reato di bancarotta patrimoniale e le cui conseguenze sarebbero gravissime, perché consentirebbe la prescrizione anche per procedimenti in corso, compresi quelli per i crac Parmalat e Cirio, con una grande beffa per i diritti dei consumatori truffati e per la certezza della pena.
Nella prospettiva futura la sua Relazione è deludente, inutilmente rivendicativa e generica sulle proposte in grado di avere dignità e forza tali da essere non dico condivise ma almeno condivisibili.
Sig. Ministro ha rivendicato per la sua funzione maggiori poteri, senza dirci cosa e come intende concretizzare tale rivendicazione, questo innanzitutto ci preoccupa ma ci impone anche di invitarla, prima di far questo, almeno ad esercitare i poteri che ha già e che dimentica di porre in opera.
Le indico tre compiti che potrebbe da subito svolgere con grande beneficio per la Giustizia e per gli interessi dei cittadini:
consenta la costituzione definitiva della Scuola della magistratura la cui entrata in funzione viene senza ragioni dalla sua inerzia e da quella del C.S.M. di fatto impedita;
realizzi quello che il Governo Prodi nella scorsa legislatura aveva previsto il centro unico nazionale di ascolto per le intercettazioni, questa sarebbe un risparmio vero sui costi delle intercettazioni e non quello derivante da surrettizi budget imposti alle procure che in realtà servirebbero all’altro scopo molto meno commendevole di impedire lo svolgimento delle indagini;
la smetta con le proroghe all’entrata in vigore della legge sulla Class action, legge fondamentale per tutelare quelle migliaia di cittadini consumatori che sono stati lesi nei loro diritti che tutti a parole diciamo di voler tutelare, ma che nei fatti aspettano ancora giustizia. E’ una legge che esiste già e non ha bisogno di ulteriori interventi che la stravolgano, state perdendo tempo per l’unica e sola ragione di trovare il sistema per tutelare le grandi imprese, banche e società assicurative per le azioni commesse nel passato e che si voglio coprire con il velo dell’immunità.
La giustizia italiana ha una grande necessità di riforme che le consentano di assolvere al meglio la funzione cui è chiamata riuscendo a superare i principali punti di criticità.
E’ necessario un intervento normativo globale e coerente per realizzare, per la prima volta, una politica della ragionevole durata del processo, la parità tra accusa e difesa, l’effettività della pena e un maggiore equilibrio tra poteri nel rispetto del quadro costituzionale.
Per giungere a simili obiettivi servirebbe un cammino comune. Ciò presuppone come condizione preliminare il dialogo del governo con gli operatori della giustizia magistrati, avvocati e personale amministrativo, da sviluppare nelle sedi appropriate e non sui media o in qualche piazza come è prassi di questo governo e del presidente del Consiglio.
In questa cornice l’approccio al problema scelto dal presidente della Camera è corretto sia nel merito che nel metodo; Berlusconi ed i suoi ministri lo ascoltino perché le riforme le si fanno insieme ai diretti interessati e non contro, come ha fatto per ora questo governo.
Noi, fin dall’inizio, abbiamo cercato il confronto, convinti che su una materia così delicata questa strada sia nell’interesse del paese e l’unica atta a garantire efficacia e durata dei provvedimenti. Però questa maggioranza ha interpretato il dialogo come una gentile concessione all’opposizione, ponendo minacciosi ultimatum. A questo noi abbiamo risposto e continueremo a rispondere che non faremo da notai a decisioni cui non avremo contribuito con nostre proposte. Nella logica della maggioranza troppo spesso sembra non esistere nessuna possibilità di confronto ma solo l’accettazione supina delle proposte annunciate.
A questa logica noi non opponiamo lo stereotipo dell’opposizione riottosa e incapace di proposta, ma dimostreremo che, quando c’è la disponibilità del Governo e della maggioranza, noi ci siamo.
Non sappiamo se sulla giustizia ciò potrà avvenire. Ma sappiano che dipende dal Governo e dalla maggioranza, che dal Governo e dalla maggioranza dipende la possibilità di costruire consenso intorno a riforme che servano al Paese.
E sulla riforma della Costituzione sul punto dell’assetto della Magistratura occorre essere chiari, ma anche intendersi.
Il PD mantiene le sue riserve e la sua contrarietà a riforme di questo genere sia per il metodo che intendete seguire, sia per il merito delle proposte che avanzate che sostanzialmente è riferito alla separazione delle carriere.
Intervenire sulla Costituzione solo sul delicato e fondamentale punto dell’equilibrio tra poteri dello stato, senza una riforma complessiva che abbracci l’intero sistema istituzionale (poteri del Governo, assetto del Parlamento, ruolo e funzioni delle istituzioni di garanzia e di controllo), non sarebbe una riforma utile, ma una surrettizia alterazione degli assetti sanciti dalla Costituzione. Una forzatura a cui di fatto e nella prassi istituzionale che si sta imponendo corrisponde una costante sottrazione di poteri e funzioni del parlamento e la progressiva alterazione dei principi che presiedono al funzionamento del governo, così come è stato sancito dal dettato costituzionale
Di fronte a ciò il PD non fa un passo indietro. Nessuna condivisione è possibile se l’obiettivo di questo governo è quello di modificare la costituzione a colpi di maggioranza, facendosi beffa di principi fondamentali e animati dall’intento di “normalizzare” la magistratura e di regolare i conti.
Il metodo giusto piuttosto è quello di fare una manutenzione costituzionale senza strappi ai principi di autonomia e indipendenza della magistratura e di soggezione del giudice alla legge. Noi vogliamo rafforzare e rendere più effettivo il principio di responsabilità della magistratura, disciplinare, professionale e istituzionale..
Per questo non ci nascondiamo la necessità di intervenire con riforme che riguardano anche la giustizia come potere e proponiamo di riformare la legge elettorale del C.S.M., di riportare a 30 il numero dei componenti, di istituire la sezione disciplinare autonoma, di regolare i poteri del C.S.M. di dare pareri al ministro e di decidere le cd pratiche a tutela e di rendere effettivo il principio di obbligatorietà dell’azione penale
Con legge ordinaria si può fare tanto, fors’anche tutto.
Serve una riforma non una controriforma. Il centrosinistra nella scorsa legislatura, dopo 40 anni ha riformato l’ordinamento giudiziario stabilendo valutazioni di professionalità per i magistrati approfondite e frequenti nel tempo (ogni 4 anni), illeciti disciplinari tipici, temporaneità degli incarichi direttivi e netta e rigida distinzione delle funzioni tra giudici e Pm. Ciò è avvenuto anche con il concorso dell’attuale maggioranza. E’ forse il caso di verificare gli effetti di queste riforme prima di mettere nuovamente mano all’ordinamento della magistratura.
Riformare la giustizia significa soprattutto migliorare il funzionamento dell’esistente rendere efficiente e garantito il sistema .
Le rammento che su questo versante esistono solo le proposte dell’opposizione e del Pd in particolare che ha avanzato un pacchetto di proposte organico, complessivo e omogeneo: revisione circoscrizioni giudiziarie, ufficio processo, processo telematico, manager, riforma del codice penale e del codice di procedura penale mediante interventi sull’udienza preliminare, sul giudizio di cassazione, sull’archiviazione per inoffensività del fatto, sull’individuazione di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, riforma del codice di procedura civile mediante riduzione dei riti processuali e durata predeterminata delle cause, intercettazioni.
Certamente si potrebbe cominciare in questo modo e con questo metodo per raccogliere l’alto e pressante invito che il Presidente della Repubblica ha rivolto al legislatore di intervenire decisamente sull’abnorme, intollerabile durata dei processi e di prevedere misure di riforma che riguardino anche la migliore individuazione e il più corretto assolvimento dei compiti assegnati al C.S.M. dalla Carta Costituzionale.
Temi concreti di confronto ci sono: ci domandiamo per quale motivo il governo si sia concentrato su aspetti che nulla hanno a che vedere con un miglior funzionamento del sistema.
Fino ad oggi abbiamo assistito ad una sapiente regia mediatica che ha cercato di coprire le profonde crepe apertesi nella maggioranza sulla questione giustizia, che nella sua attuale formulazione è funzionale al perseguimento degli interessi personali del presidente del Consiglio e certo non quelli degli italiani.
Abbiamo assistito ad un susseguirsi infinito di posizioni contrastanti dove alle proposte del guardasigilli non corrispondevano posizioni univoche del presidente del Consiglio e degli stessi componenti di governo e maggioranza.
La vicenda delle intercettazioni è paradigmatica delle divisioni interne alla maggioranza.
Innanzitutto, vogliamo vedere i reali contenuti dell’accordo perché troppe volte questo
governo ha fatto annunci rivelatisi poi inesistenti.
Vogliamo capire se esiste realmente e soprattutto su che cosa è stato
raggiunto.
Sembra che l’annunciato accordo nella maggioranza rappresenti una disfatta del presidente del consiglio che aveva baldanzosamente disceso le valli parlamentari annunciando la volontà di limitare a suo piacimento un importante strumento di indagine ed ora è costretto alla rotta accettando di non modificare la normativa attuale in ordine ai reati sottoponibili ad intercettazioni.
Se le intercettazioni sfuggiranno alla mannaia voluta dal presidente del
Consiglio allora vorrà dire che ci troviamo di fronte ad una sua personale
Waterloo.
Se così fosse avevamo ragione noi, è l’accettazione della nostra proposta, è la vittoria della posizione ferma e chiara del Pd: nessuna limitazione allo strumento d’indagine, al controllo di legalità, massima tutela della privacy dei cittadini soprattutto se estranei all’indagine.
In caso contrario ci troveremmo di fronte ad un’altra Waterloo, quella
sacrosanto diritto dei cittadini di essere difesi dall’illegalità
In ogni caso, quello che è uscito dalla porta non deve rientrare dalla finestra. Nell’emendamento della maggioranza altri aspetti preoccupano e sono dannosi: limitazione temporale rigida e molto limitata della durata temporale dell’intercettazioni, potere eccessivo in capo al Procuratore della Repubblica che rischia di essere un boomerang paralizzante per l’attività delle Procure soprattutto di maggiori dimensioni, restrizioni al diritto di cronaca con l’estensione eccessiva ed ingiustificata del divieto di non pubblicazione degli atti processuali, presupposto dei sufficienti indizi di colpevolezza per autorizzare le intercettazioni.
Su questi aspetti sarà il risultato finale a determinare il nostro atteggiamento definitivo; niente, da questo punto di vista, è scontato.
Per adesso ci accontentiamo del ravvedimento operoso della maggioranza almeno in astratto si è impedito di rendere impossibile di venire a capo di tanti gravissimi reati ambientali, o di vicende quale quella dei cosiddetti “furbetti” del quartierino o di gravissimi scandali finanziari che hanno colpito i consumatori.
Il Pd concorda pienamente sulla necessità di tutelare la privacy degli italiani. Occorre una legge che la tuteli e che stabilisca limiti certi e precisi al segreto investigativo. Ma non si prenda a pretesto la vicenda Genchi, pur grave, ma di nessuna attinenza con le intercettazioni telefoniche, per una riforma che limiti uno strumento di indagine che è fondamentale per l’accertamento dei reati e per la sicurezza dei cittadini.
Il gruppo del Pd voterà contro la mozione della maggioranza e si asterrà sulle mozioni presentate dall’UDC, dall’IDV e dalla delegazione radicale.
Tutte queste mozioni contengono proposte diverse, alcune condivisibili, altre da approfondire e discutere quando saranno trasfuse in proposte di legge. Non è questa la sede, destinata alla sola discussione delle Relazione annuale del Ministro, per esprimere giudizi di merito sul contenuto delle proposte di riforma della giustizia.
Alla fine del suo intervento sig. Ministro ha rivolto alle opposizioni un invito alla collaborazione e al confronto.
Veramente siamo noi a dover rivolgere questa esortazione a lei e alla sua maggioranza, perché il PD le sue proposte le ha già presentate in Parlamento. Mentre aspettiamo ancora di leggere le sue che per adesso restano nella gran parte solo degli annunci.
La giustizia per il Pd è un’istituzione indispensabile e insostituibile per rendere effettivi e diritti dei cittadini, la legalità, la sicurezza e per efficienza dello Stato fondato sull’imperio della legge.
Il nostro compito è ricostruirla secondo gli ideali che entrano a formare, separatamente o congiuntamente, la nozione di giustizia: l’ideale dell’ordine e quello dell’eguaglianza.
Così Norberto Bobbio sul tema della Giustizia.
Due cardini, quindi, con funzioni complementari che “agiscono” al fine di garantire la “virtù” della giustizia ed il suo corretto funzionamento.
Elementi, care colleghe e cari colleghi, da cui Bobbio faceva discendere il significato e la funzione stessa della giustizia.
Se il parlamento nell’opera riformatrice saprà seguire l’alto insegnamento di Bobbio avremo tutti insieme servito al meglio Il paese, la Costituzione e i nostri elettori.

On. Lanfranco Tenaglia

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