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Approfondimenti DIPARTIMENTI Dipartimento Agricoltura-Alimentazione

IL VALORE DEGLI ALIMENTI. Salute, economia, ambiente

Salone del Gusto, giovedì 21 ottobre 2010.

I dati di una ricerca della GPF (Istituto di ricerca e consulenza strategica sul cambiamento sociale, i consumi, la comunicazione) sul valore dell’agroalimentare per gli italiani sono quantomeno sorprendenti: infatti, gli italiani considerano l’agroalimentare il primo settore in cui investire per la ripresa economica, l’immagine da proporre all’estero per valorizzare l’Italia e il simbolo dell’unità nazionale. È ben chiaro dunque che per gli italiani il cibo assume un valore che non riscontriamo in nessun altro popolo al mondo: questo è il risultato di un primato reale che l’Italia esercita sul settore alimentare a livello mondiale, per varietà e numero di specialità (tra cui il record nelle denominazioni protette) e per uno stile di vita che fa tendenza soprattutto a tavola. Nella percezione degli italiani non è certo apprezzata la qualità dei servizi pubblici che va in coda, e nemmeno il settore automobilistico, un tempo fiore all’occhiello del Paese, dà una buona immagine di sé.
L’agroalimentare è nei fatti la seconda voce produttiva italiana, ma incarna bene l’immagine positiva del Paese, la grande varietà e biodiversità dell’agricoltura, la bellezza del paesaggio, i valori di storia, arte e cultura, un patrimonio che fa dell’Italia il Paese con la più grande attrattiva turistica del pianeta.
Dobbiamo, dunque, avere ben presente che il successo dei cibi è legato indissolubilmente al territorio che lo produce , alla sua agricoltura, cultura e storia.
Non è certamente pensabile, come qualcuno vorrebbe, rendere omologato e anonimo questo patrimonio: sopraggiungerebbe istantaneo il destino seguito da altri comparti produttivi del Paese.
L’Italia ha nel campo agroalimentare un primato fatto di agricoltura, qualità del territorio, capacità di trasformazione, il tutto in un insieme indissolubile e unico al mondo.
Per questo motivo abbiamo la responsabilità di giocare in Europa un ruolo di traino sulla visione futura del comparto.
E’ necessario avere chiaro lo scenario:
– il nostro pianeta produce alimenti a sufficienza per sfamare i suoi abitanti, il problema della fame è frutto della mancata distribuzione del cibo, basti pensare che l’80 % dei Paesi dove sussiste il dramma della fame, sono contemporaneamente esportatori di prodotti alimentari;
– nello stesso tempo conviviamo con il fenomeno dello spreco: un recente studio dell’Università di Bologna mette in luce come in Italia venga sprecato il quantitativo di cibo che potrebbe sfamare l’equivalente di 45 milioni di persone. Gran parte del cibo è lasciato nei campi perché il costo della raccolta non è remunerato all’acquisto.
– il sistema distributivo della Grande Distribuzione Organizzata ormai vive in regime di oligopolio e sta mostrando tutta la sua inefficienza nel divario tra prezzo al produttore e al cliente finale, con il risultato sopracitato di prodotto non raccolto e prezzi alti al consumo;
– l’impegno finanziario degli Stati membri per il mondo rurale è circa 0,36 % del PIL, quindi assai modesto;
– serve una competitività trasparente, etichette chiare che rendano consapevoli i consumatori rispetto all’origine dei prodotti agricoli (anche di quelli trasformati) e alla presenza di OGM nella filiera produttiva;
– è emblematica la richiesta del governo inglese che propone la riduzione dei fondi agricoli a beneficio di altri settori: la Gran Bretagna ha adottato un modello di agricoltura che contiene tutte le grandi contraddizioni del passato assommate ad una incapacità di restare in sintonia con le aspettative dei cittadini.

Quello britannico può essere indicato come un modello da non imitare per evitare di giungere agli stessi esiti:
– confusione tra ricerca scientifica ed applicazione della stessa: la clonazione animale costituisce un successo scientifico, ma i cittadini europei non intendono consumare carne di animali clonati né vi è una reale necessità da parte degli allevatori;
– troppo spazio alle multinazionali che impongono con operazioni lobbystiche modelli di agricoltura che i cittadini europei rifiutano  – OGM – e che non servono ad una nuova agricoltura di qualità né tanto meno alla sua immagine;
– continui scandali alimentari dovuti alla degenerazione dell’agricoltura su scala industriale, primo tra tutti la BSE (cd. ‘mucca pazza’);
– una inefficiente distribuzione degli aiuti che premia più le rendite di posizione e i grandi numeri che la qualità, e che vede come maggior beneficiario in Europa le tenute della corona inglese;
– scarsa biodiversità  e modelli alimentari sbagliati che inducono stili di vita negativi;
– presenza insignificante di prodotti con sistema di protezione (DOP, IGP, ecc.).

L’agroalimentare italiano può mantenere il suo valore se guarda in direzione opposta.
La nuova frontiera sulla quale siamo chiamati a confrontarci mette in relazione il modello alimentare con le patologie e i costi sociali ed economici che derivano dalla crescente presenza di ‘cibo spazzatura’ sulle nostre tavole: cibo anonimo  con additivi coloranti e conservanti che suppliscono alla scarsa qualità del prodotto agricolo. Un’altra importante sfida che dobbiamo affrontare è la continua cementificazione del suolo che ha raggiunto dei livelli non più sopportabili: costi troppo alti per i cittadini che devono sostenere i continui disastri idrogeologici che ne derivano, mancato assorbimento delle precipitazioni e conseguente abbassamento delle falde nonché dilavamento e forte erosione. Inoltre questi ritmi di cementificazione non adempiono ad un sopportabile rapporto generazionale, basti pensare che negli ultimi trent’anni nel nostro Paese si è cementificato l’equivalente di due regioni come Piemonte ed Abruzzo e l’area della pianura padana ha in questo un record ineguagliabile.
La qualità del territorio è un tutt’uno con l’immagine del prodotto e il valore che ad esso viene attribuito. Così non può esserci un prodotto di qualità in un territorio che comprometta il suo valore ambientale, paesaggistico e culturale.

Giorgio FERRERO
(Responsabile Dipartimento Agricoltura PD Piemonte).