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PARAFARMACIE: QUALE FUTURO?
Il SOLE 24 ORE, 12 Gennaio 2011
di Nino BOETI – Resp. Sanità PD Piemonte e Consigliere regionale
Correva l’anno 1898 quando il Parlamento italiano discusse per la prima volta di farmacie. In quell’occasione il Presidente del Consiglio Francesco Crispi disse: “Ogni limite è un privilegio che torna a danno delle popolazioni”. La stessa convinzione fu alla base del decreto Bersani che nel 2006 liberalizzò il settore consentendo la nascita delle parafarmacie, ovvero quegli esercizi che vendono medicinali da banco (Otc) o per i quali non è obbligatoria la ricetta (Sop) oltre a prodotti per il benessere e la cura del corpo.
Dal 2006 ad oggi in Italia sono nate circa 3.600 parafarmacie che danno lavoro a 6.000 persone. In Piemonte le parafarmacie sono 250 (110 solo a Torino e provincia) e impiegano più di 500 persone. Un’apertura del mercato che ha fatto bene alle tasche dei consumatori con un risparmio quantificato in 600 milioni di euro l’anno, infatti, se tra il 2000 e il 2005 i prezzi dei farmaci sono aumentati in media del 19%, negli ultimi cinque anni l’aumento è stato solo del 3,4%. Secondo una recente indagine di Altroconsumo, in media il risparmio per alcuni prodotti si aggira intorno al 18%, in particolare per gli esercizi ubicati nella grande distribuzione. Una scelta che ha migliorato il servizio, creato nuova occupazione, incentivato la concorrenza e stimolato gli operatori ad innovarsi.
Mentre da un lato il Governo è orientato a trasformare le farmacie in centri di servizi, ovvero luoghi dove si possono fare esami di prima istanza, medicazioni e iniezioni, prenotare esami e visite specialistiche, pagare ticket e perfino ricorrere alle cure di un fisioterapista, dall’altro, in Parlamento c’è un disegno di legge del centrodestra di riforma della distribuzione dei farmaci che potrebbe segnare un grave arretramento rispetto alle novità introdotte dal decreto Bersani.
Come Partito Democratico siamo pienamente consapevoli che il farmaco non è un bene di consumo qualsiasi e che è indispensabile garantire la professionalità di chi gestisce l’attività. Crediamo che si debba varare una riforma organica e strutturale della professione farmaceutica, in particolare per assicurare una più organica distribuzione territoriale. Il Sen. Mauro Marino ha presentato un disegno di legge che, tra l’altro, consente l’apertura di una farmacia ogni 4.000 abitanti e la possibilità di creare solo dispensari farmaceutici nei centri più piccoli, introduce l’obbligo per le Regioni di decentrare le sedi farmaceutiche esistenti ed interviene in materia di concorsi snellendo le procedure e consentendo una più veloce assegnazione delle sedi.
Al tempo stesso riteniamo che si debbano dare alle parafarmacie certezze normative, valorizzando queste realtà professionali ed economiche, per esempio consentendo loro di vendere farmaci di fascia C (totalmente a carico dei cittadini) e quelli con la ricetta reperibile, come peraltro auspicato dal Garante per la sorveglianza dei prezzi.
Si potrebbe anche lavorare a una regolamentazione regionale, sul modello di quella vigente in altre Regioni, che consenta alle parafarmacie di offrire servizi integrativi, quali le analisi di autodiagnosi come la glicemia e il colesterolo, dal momento che non vi è ragione per impedire al farmacista responsabile di una parafarmacia di mettere a disposizione dei propri clienti tali strumenti, dal momento che è dotato della stessa abilitazione professionale del farmacista che è titolare o gestore di una farmacia.