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Le nostre dimissioni in Regione? L’ultima parola spetta al partito
Intervista ad Aldo Reschigna su la Repubblica del 21/1/2014
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UNA gran confusione, quella nata nel Pd dopo le dichiarazioni di Aldo Reschigna, capogruppo a Palazzo Lascaris, che venerdì, ha parlato della possibilità di ritirare quelle dimissioni “differite” che il partito aveva annunciato per il 28 febbraio.
Scusi Reschigna ma era proprio necessaria quella dichiarazione che, era chiaro, vi avrebbe portato solo critiche?
«Precisiamo che io ho fatto su questo argomento solo un passaggio di 50 secondi nella direzione regionale del partito, venerdì. Non ho comunicato una decisione del gruppo, perché al nostro interno non se ne era parlato. Ho solo espresso una mia valutazione sul fatto che lo scenario che si era aperto con la sentenza del Tar era cambiato e richiedeva una valutazione sulla conferma o meno di quelle dimissioni annunciate».
Cosa era cambiato, nello scenario?
«Primo: la sentenza del Tar rende finalmente possibile l’obiettivo del Pd, cioè lo scioglimento del consiglio e nuove elezioni. In questa fase poi è indispensabile un forte controllo su Cota e i suoi da parte di un gruppo di opposizione. Aggiungo che la richiesta di rinvio a giudizio per Rimborsopoli che coinvolge non solo consiglieri di maggioranza rende molto più complicato il fatto che il 28 febbraio l’intera opposizione lasci ».
Perché?
«Abbiamo già visto in questi mesi che i consiglieri Udc e Idv non erano entusiasti delle dimissioni ed è quindi probabile che optino per tempi più lunghi, che permettano di chiarire ulteriormente la loro posizione con i giudici piuttosto che lasciare il consiglio regionale. Un gesto unilaterale del Pd non avrebbe quell’impatto politico che si voleva dare alle dimissioni».
La sentenza del Tar e i rinvii a giudizio erano già assolutamente prevedibili a novembre quando
avete annunciate le dimissioni differite, non crede?
«No. Non credo che in politica si possa mai dare alcunché per scontato. Preferisco lavorare sui fatti piuttosto che sulle opinioni. Allora non era prevedibile nulla e in quel contesto, ragionando sulla straordinarietà della situazione politica della Regione era maturata una proposta straordinaria, come l’ipotesi di dimissioni».
Comunque anche se date adesso non pensa che le dimissioni del gruppo Pd potrebbero essere la spallata definitiva per la traballante giunta Cota?
«Non nego questa possibilità. Anzi trovo l’opinione espressa da Stefano Esposito su Repubblica in questo senso, equilibrata e corretta. Si può fare anche questa scelta. Discutiamone».
Dove è che il Pd deve discuterne però, perché sembra che nessuno voglia assumersi la responsabilità della decisione?
«Ne parleremo oggi in gruppo regionale. Credo però che il luogo giusto sia quello dove la proposta è nata cioè il Partito Democratico del Piemonte. Ci vuole una valutazione che vada oltre la nostra. Poi il gruppo consiliare metterà in
atto, non ho dubbi al riguardo, le determinazioni che il partito assumerà
».
Nel gruppo sembra prevalere l’idea di non dimettersi?
«Mi spiace che su questo tema il gruppo si sia diviso. Per una semplice ragione: in questi quattro anni in Regione abbiamo sempre saputo rimanere uniti e fare sintesi. Anche quando il dibattito nel partito era duro, si evitava la riproposizione degli scontri. Il fatto che su questo tema abbiamo espresso posizioni differenti mi dispiace. Soprattutto perché in un momento delicato ho provocato con una mia espressione personale una rappresentazione esterna di divisione del gruppo».
Come finirà questa vicenda, se e quando se ne parlerà nel partito?
«Non lo so e non compete a me deciderlo, magari non se ne parlerà nemmeno».
E allora?
«Se sarà così il 28 febbraio tutti a casa».
Rispetto a quando avevamo annunciato il proposito la situazione è cambiata: prima non si poteva dare per scontata la sentenza del Tar