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Le elezioni devono essere rifatte tanto più se le liste false sono due. Ecco perché il Tar ha deciso di annullare le regionali 2010

Sarah Martinenghi su la Repubblica del 16/1/2014

È CERTAMENTE colpa di Michele Giovine se il Piemonte dovrà tornare al voto per scegliere un nuovo presidente: la falsità della sua lista, i Pensionati per Cota, «illegittimamente ammessa » alle elezioni regionali del 2010 «ha invalidato e travolto tutto il procedimento elettorale complessivamente inteso, che quindi va rinnovato».

Ma c’è di più: se la sua lista non è stata la sola a essere falsa, a maggior ragione le elezioni sono da rifare. Perché, scrivono i giudici del Tar «la presenza di ulteriori liste illegittime e il riferimento è ai Pensionati per Bresso su cui però i magistrati amministrativi non si possono esprimere perché il ricorso del centrodestra è stato presentato con ritardo e senza notifiche alle parti – non farebbe che incrementare l’effetto perturbatore sulla consultazione elettorale, rendendone quindi l’esito a maggior ragione opaco». In pratica le due liste false non si elidono l’una con l’altra perché entrambe illegittime, come speravano il governatore Cota e la sua maggioranza, ma al contrario raddoppiano il concetto che «l’atto di proclamazione degli eletti» sia «da annullare».

Sono queste, in sintesi, le motivazione cardine dei giudici del Tar che venerdì scorso hanno dichiarato nulla l’elezione del governatore Roberto Cota, e che ieri pomeriggio hanno depositato la sentenza, chiarendo in 53 pagine i motivi della loro decisione e demolendo, punto per punto, la difesa di Cota e del centrodestra.

È infatti da un lato un «nullità insanabile» quella provocata da Giovine che ha viziato la chiamata alle urne del 28 e 29 marzo 2010: la presenza della sua lista farlocca ha «influito in modo determinante sul risultato» elettorale che aveva portato Cota a sedersi sulla poltrona più alta della Regione. Dall’altra poi, non è nemmeno possibile stabilire come sarebbe cambiato il risultato delle regionali senza i Pensionati per Cota «perché i voti assegnati a una lista illegittimamente ammessa sono ontologicamente voti incerti». I voti di quella lista insomma non sono automaticamente attribuibili al governatore. Né ad altri. I giudici Lanfranco Balucani, Paola Malanetto e Giovanni Pescatore, ripercorrono la storia della querelle elettorale, durata quasi quattro anni: Roberto Cota fu «proclamato presidente con 1.042.483 voti, con un divario di 9157 preferenze, pari allo 0,4 per cento, rispetto ai 1.033.326 voti ottenuti dalla presidente uscente Mercedes Bresso», ma la lista di Giovine «aveva riportato un totale di 27.892 voti a livello regionale (di cui 15.805 nella circoscrizione elettorale della Provincia di Torino), superiore allo scarto registrato all’esito delle elezioni tra le due principali coalizioni in lizza». Mentre però Bresso aveva subito impugnato al Tar il risultato elettorale sulla base della falsità della lista di Giovine, il centrodestra aveva tentato di controbattere puntando tutto sulla analoga falsità della lista dei Pensionati ed Invalidi per Bresso che aveva conseguito 12.582 voti. Per 45 pagine la sentenza affronta il problema di questo “ricorso incidentale” che non può essere accolto. E anche la questione della famosa «querela di falso». Non serve aspettare la pronuncia di un giudice civile per accertare il falso di Giovine perché, come già il Consiglio di stato aveva indicato, è sufficiente la sentenza penale di condanna.