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Morando: “Se la priorità è l`occupazione bisogna cominciare dall’Irap”
Intervista a Enrico Morando su L’Unità del 10/3/2014 – di Massimo Franchi
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Viceministro Morando, partiamo dalle certezze. Mercoledì il Consiglio dei ministri varerà un decreto per tagliare di 10 miliardi il cuneo fiscale. Giusto?
«Sì, stiamo lavorando con questo obiettivo. Le altre certezze sono che sarà un intervento strutturale di quella entità concentrato su obiettivi precisi che avranno dunque un efficacia maggiore rispetto a quelli precedenti che sono stati spalmati su platee troppo grandi. L`ultima certezza riguarda il fatto che sarà solo il primo di una serie di provvedimenti per portare nel triennio il cuneo fiscale ai livelli della media europea».
Verosimilmente quando potrebbe esserci un nuovo intervento?
«Entro l`anno, sicuramente».
Lei nella disfida fra i sostenitori del taglio dell`Irpef – i sindacati – e quelli per il taglio dell`Irap – le imprese – si è già schierato da quest`ultima parte. Ci spiega il perché?
«Mi faccia premettere che pur avendo una mia opinione riconosco che anche chi sostiene il taglio dell`Irap ha ottime ragioni, anche perché entrambe le soluzioni hanno controindicazioni».
Cerchiamo di spiegarle. Partiamo dal taglio dell`Irap che lei preferisce. Vantaggi e svantaggi.
«Se consideriamo come priorità combattere la disoccupazione giovanile e femminile, il taglio dell`Irap ha certamente effetti migliori. L`Irap è l`imposta più nemica dell`occupazione che ci sia».
Angeletti ieri a l`Unità sosteneva il contrario…
«Beh, per spiegarlo ricorrerò ad un facile esempio. Se un piccolo imprenditore ha due lavoratori e decide di assumerne un terzo, la nuova assunzione gli alza l`imponibile a fini Irap perché il costo del lavoro viene incluso. Tagliarla gli permetterebbe di certo di assumere con meno pensieri. Però riconosco che il taglio dell`Irap ha meno effetti sulla ripresa dei consumi».
E il taglio dell`Irpef invece?
«È la scelta migliore se vogliamo far ripartire la domanda interna. Produrrà un aumento dei consumi delle famiglie e qualche effetto sugli investimenti delle imprese. Come controindicazione però ha il fatto che i consumi si indirizzeranno anche su beni prodotti all`estero, pesando sulla nostra bilancia commerciale».
A decidere però sarà Renzi. Cosa farà pendere la bilancia da una parte o dall`altra?
«Sarà lui a decidere quale sarà la priorità. La bilancia penderà verso il taglio dell`Irpef se Renzi individuerà la crisi dei consumi come più grave di quella occupazionale e vorrà dare uno shock positivo alla domanda effettiva interna. Se prevarrà il taglio dell`Irap, sarà viceversa».
Non c`è il rischio che alla fine, tirato da interessi contrapposti, decida di accontentare sia le imprese che i sindacati dando vita ad un mix di taglio dell`Irap e dell`Irpef.
«Non credo proprio. Guardi, la posizione unilaterale delle forze sociali dipende dal fatto che sono abituate a trattare con governi che durano sei mesi. E dunque la parte sociale che “prevarrà” nell`immediato avrà vinto e l`altra avrà perso. Invece dovrebbero cambiare ottica e pensare che hanno a che fare con un governo che porta avanti una politica pluriennale. E che la prossima volta, fra pochi mesi, l`intervento sul cuneo fiscale sarà di segno opposto e accontenterà chi mercoledì non sarà soddisfatto. Capisco che sia difficile per loro, ma il cambiamento del governo Renzi sta tutto qua: abbiamo un`ottica pluriennale».
In verità anche il governo Letta diceva di averla e molti sostengono che voi state portando avanti misure già decise dal precedente esecutivo…
«Si capisce che le misure da prendere erano chiare a tutti e che anche il precedente governo aveva fatto un buon lavoro. La differenza sta nel fatto che noi decidiamo di agire subito in modo molto importante e che – ripeto – abbiamo un`ottica di lungo periodo».
Tornando al lascito del governo Letta nei giorni scorsi ci sono state polemiche sui conti. A viale XX settembre lei ha trovato buchi inaspettati?
«I conti sono quelli che tutti conosciamo. Così come lo è l`alto rischio finanziari, a partire dal fardello del debito pubblico».
L`unica differenza in fatto di cifre è dunque la previsione di una crescita all`1 per cento. Senza lo shock di mercoledì non ci si sarebbe arrivati?
«Stando così le cose già la Corte dei Conti, la Commissione europea e alcune agenzie internazionali sostenevano che non ci saremmo arrivati. Per questo abbiamo deciso di agire subito. Ma con l`intervento sul cuneo fiscale e soprattutto con il pagamento totale dei debiti della Pa puntiamo a fare anche meglio del governo precedente».
Sta dicendo che nel Documento di economia e finanza che presenterete tra qualche settimana la previsione del Pil per il 2014 sarà superiore all`1 per cento?
«Ci stiamo ragionando. Di sicuro lavoreremo per politiche che accentuino lo sviluppo. E poi quel documento impegna fino al 2018. Da questo punto di vista è molto più importante e serio delle previsioni contenute nella legge di Stabilità».
Nessun rischio che a Bruxelles abbiano da ridire sulle coperture di queste misure?
«Se l`intervento è pluriennale, l`Europa ci concederà il fatto che per queste prime misure noi possiamo usare una parte di misure strutturali – spending review e recupero evasione – e una parte di una tantum – l`accordo con la Svizzera sul rientro dei capitali. Nei prossimi anni invece useremo misure strutturali per recuperare il mancato gettito».
Si torna sempre lì: il governo deve durare. Ma a Bruxelles perché dovrebbero crederci?
«Questa è la scommessa di Renzi ma deve essere quella di tutto il Paese. All`Italia serve un ciclo pluriennale di politiche riformiste, come accaduto in Germania e in Inghilterra con Schrtider e Blair. Poi discuteremo dei risultati, ma intanto garantiamo stabilità a questo governo».