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Chiamparino: “Mutande verdi? Hanno fatto di peggio . Ora il Piemonte merita il riscatto”

Intervista a Sergio Chiamparino su L’Unità del 13/4/2014 – di Maria Zegarelli

È la grande star, dopo Matteo Renzi, di questa kermesse torinese. «Chiampa bentornato», gli urla un gruppo di giovani dem. Il Chiampa, come lo chiamano i torinesi, è tornato in campo, vuole vincere le elezioni regionali in Piemonte, archiviare l`esperienza di governo di Roberto Cota e cambiare verso anche qui. È in gran forma, Sergio Chiamparino, l`ex sindaco di Torino, che macina ventidue chilometri in due ore, dodici in un`ora e sei secondi, questi i tempi delle sue ultime maratone, l`altra vera passione al pari della politica. Ci eravamo lasciati nel 2011 nel suo ufficio a Palazzo civico durante gli ultimi giorni del suo incarico, dieci anni alla guida di Torino, il sindaco più amato dagli italiani, una profonda trasformazione della città, critico per come si andavano mettendo le cose nel Partito democratico. «Adesso mi prendo una pausa», disse allora. Il suo successore, Piero Fassino, gli ha invece chiesto di assumere la presidenza della Fondazione San Paolo e di riposo non se ne è più parlato. Ma di presa distanza dal Pd sì. E così ieri qui al Palaolimpico quando ha detto che riprenderà la tessera è scoppiata un`ovazione. Seduti davanti ad una bottiglia d`acqua minerale l`intervista è un continuo stop and go: arrivano a decine a chiedergli una foto. «Finché lo fanno qui può sembrare facile, gioco in casa, ma la cosa incoraggiante è che accade anche quando vado in trasferta», racconta usando una metafora calcistica.


E così riprende la tessera del partito. Merito di Matteo Renzi?
«Ho pensato a lungo ieri sera a quello che avrei dovuto dire oggi qui. Da solo, con il mio sigaro, davanti alla finestra ho buttato giù qualche concetto. Ho voluto dare un segnale di riconoscimento a Matteo per quello che ha fatto, perché ha impedito che gli ideali nobili della sinistra cristiana socialista diventassero dei paradigmi conservativi. Noi, me compreso, non abbiamo avuto il coraggio, lui sì. E sono convinto che sia questa la strada per dare coraggio anche a chi ha voglia di fare, di mettersi in gioco e di tornare a fare militanza. Riprendere la tessera vuol dire sentirsi di nuovo a casa e dare questo segnale».
A un certo punto però si fece anche il suo nome come il possibile leader del Partito democratico. Che cosa successe davvero?
«Successe che in realtà erano pochi amici a volermi davvero in campo, tanto che quando lasciai intendere che ci stavo pensando ci fu chi si premurò di consigliarmi di lasciar stare in attesa di un brillante futuro che di fatto non sarebbe mai arrivato. Devo ringraziare Piero Fassino che mi ha voluto alla Fondazione San Paolo e poi la base, i cittadini, un gruppo di 200 amministratori pubblici che mi hanno spinto a candidarmi per le elezioni regionali».
Lei adesso è candidato perché Mercedes Bresso ha fatto un ricorso in cui hanno creduto in pochi. E l`attuale presidente Roberto Cota si è giocato la faccia per un paio di mutande verdi. Chiamparino, è più facile stavolta?
«Quando era chiaro che i ricorsi presentati da Mercedes stavano dandole ragione le ho detto che si doveva ricandidare perché lei era la vincitrice morale di quelle elezioni. Mi ha risposto: “No, stavolta tocca a te”. La decisione finale l`ho presa dopo aver letto Doctor Faustus di Thomas Mann e non come faccio di solito, andando in alta quota, in solitudine sulle cime, perché era inverno e come è noto non scio. Mi chiede se è più facile vincere ora dopo gli scandali leghisti? Non lo so, quello che so è che in questi anni hanno perso il contatto con la gente, con i territori. Non sono certo state le mutande verdi il peggior danno di questi anni di governo di centrodestra in Piemonte. Oggi, anche chi mi ha criticato per i debiti del Comune, ha capito che dietro quelle scelte noi avevamo un progetto di città e che per le opere infrastrutturali devi anche fare dei debiti. I piemontesi iniziano a capire che è la mancanza di progetto a togliere il futuro. Cota è finito perché ha perso terreno sulla legalità ma non solo per quello. C`è un fotogramma che ho in mente quando penso al governatore uscente: lui che tiene il portacenere a Bossi. Quella scena era emblematica di quanto sarebbe accaduto: la subalternità al capo gli ha impedito di fare programmazione».


Il M5S le farà una dura campagna elettorale contro proprio sulla Tav. E qui i pentastellati sono forti, 1127% alle ultime elezioni. Preoccupato?
«Il M5S qui, come in Parlamento, è contro tutto, non ho ancora capito cosa vuole fare né per il Paese né per i territori dove si candida. Lo abbiamo visto a Parma cosa succede quando si è al governo di una città e bisogna fare delle scelte: Pizzarotti da simbolo del M5s è diventato l`amministratore da attaccare, da cui prendere le distanze. Qui in Piemonte i sondaggi danno il candidato grillino addirittura in arretramento rispetto al Movimento stesso, che resta un`insidia perché punta sul malessere per allontanare i cittadini dalla politica. Siamo noi oggi ad avere la maggiore responsabilità sulle spalle, è il Pd a dover mandare un segnale di cambiamento forte. Soprattutto adesso che anche Fi è debole, senza una leadership perché è chiaro che Silvio Berlusconi non tornerà ad avere leadership. E Renzi sta andando nella direzione giusta, alcune sue idee erano anche le mie ma io non ho avuto il coraggio di lanciare la sfida quando era il momento. Adesso dobbiamo dargli una mano».


Oggi si è parlato molto di riforme, da quella del lavoro a quella del Senato. La minoranza Pd solleva obiezioni sia sull`una che sull`altra. Un errore o ci sono cambiamenti da fare?
«Ci sono alcuni aspetti che si possono rivedere, ma su una cosa non dobbiamo avere dubbi: le riforme fanno fatte. Bisogna superare il bicameralismo perfetto e dare al nuovo Senato una centralità nei rapporti tra Stato e Enti locali, deve essere il luogo politico e istituzionale di questo confronto tagliando definitivamente fuori le lobbies. Per il resto eviterei di creare ancora una volta “specialità” tipicamente italiane, basta con i pasticci. O si fa un campo o si fa un prato. Quanto al tema che davvero interessa le persone, il lavoro, credo sia necessario dare la possibilità ad un giovane che oggi ha un contratto di sei mesi di avercene uno di 36 senza interruzioni e con una maggiore possibilità di vedere la propria posizione regolarizzata. Sono convinto che la maggior parte dei giovani è questo che vuole, un lavoro».