Coronavirus, Salizzoni: “Per il nostro sistema sanitario nulla sarà come prima”

Mauro Salizzoni
Una riflessione di Mauro Salizzoni sul Corriere – Torino del 15/03/2020
Il Covid-19 sta mettendo in drammatica evidenza i nostri punti deboli: medici, infermieri e operatori sanitari stanno combattendo una guerra in strutture vecchie, e per la prima volta si corre il rischio di non poter garantire a tutti le cure
Anche se è difficile intravvedere la fine dell’emergenza Covid-19, una certezza l’abbiamo: esattamente come per la fine del comunismo o il crollo delle Torri Gemelle, anche questa volta possiamo dire che dopo «nulla sarà più come prima». Certamente non lo sarà più per il nostro sistema sanitario, che sta affrontando criticità del tutto inedite e che per la prima volta corre il rischio di non poter garantire a tutti le cure. Finora le epidemie scoppiate ad Oriente (Sars, aviaria, ecc.) ci avevano risparmiato o colpito in modo marginale, questa volta non è andata così, e in futuro potremo trovarci a fare i conti con altre epidemie e pandemie. Pertanto, bisognerà attrezzarsi. Cominciando a chiedersi: che cosa ci sta insegnando il Covid-19? Che bisogna investire nel sistema sanitario pubblico. Lo dice con chiarezza Mario Monti sul Corriere della Sera del 13 marzo, lanciando l’idea di un Progetto per la Salute Integrata per potenziare nel breve termine le strutture sanitarie, da finanziarsi magari attraverso l’emissione di specifici Bonds.
La sanità piemontese ha fin qui retto bene l’urto, nonostante il prezzo pagato negli anni passati a causa del «piano di rientro» in termini di mancata assunzione di personale e di mancati investimenti. Abbiamo retto meglio della Lombardia, grazie al fatto che da noi la componente del privato è marginale. Ma il Covid-19 sta mettendo in drammatica evidenza i nostri punti deboli: medici, infermieri e operatori sanitari stanno combattendo una guerra in strutture vecchie. Per troppo tempo la politica si è azzuffata facendo prevalere la visione localistica e la difesa di particolarismi vuoi territoriali vuoi di categoria. E perdendo di vista la priorità: ci servono nuovi ospedali, con un adeguato numero di letti, dove concentrare le «alte complessità», rafforzando la medicina territoriale per dare risposte diverse dall’ospedalizzazione alle cronicità e alle non-autosufficienze.