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Coronavirus e salute mentale. Furia e Peano: “Tutelare pazienti e operatori, rischio polveriera come RSA”

Raccogliamo e facciamo nostro l’appello della Società Italiana di Psichiatria, con il sostegno della Società Europea di Psichiatria, alla Regione per approvare con urgenza direttive hoc per i servizi di salute mentale e garantire equità di accesso alle cure ai pazienti psichiatrici Covid positivi.

L’emergenza determinata dalla pandemia Covid-19, ha infatti pesanti effetti sulla vita di tutti, ma ancora più gravi per le persone con sofferenza mentale, come anche per anziani e disabili.

La tutela della salute mentale deve diventare tra gli obiettivi cruciali della strategia per contenere la diffusione del virus ed evitare che la situazione diventi una ‘polveriera’ come nelle RSA.

L’elevata frequenza di malattie respiratorie per alti livelli di tabagismo e la permanenza protratta in contesti residenziali, fa ragionevolmente presumere un elevato rischio di contagio. Purtroppo, le importanti misure disposte dalle Regioni per fronteggiare l’emergenza sanitaria non sempre tengono conto della salute mentale e della sicurezza di pazienti e operatori sanitari, da tempo carenti. Bisogna tener presente che i pazienti con sofferenza psichica, disabilità e malattie a lungo decorso, hanno bisogno di un’assistenza specialistica maggiore di quella di un qualsiasi malato cronico.

Per contrastare il rischio di creare nuovi focolai di contagio è necessario che i ricoveri dovuti a Covid-19 di pazienti con disturbi mentali avvengano nei reparti ordinari, come per tutti i cittadini, con il sostegno del personale dei servizi di salute mentale, impedendo ogni forma di discriminazione. Oppure, come già avvenuto in Lombardia, vanno realizzate aree o stanze Covid separate, nei reparti di psichiatria, e nelle residenze assistenziali come nelle RSA per anziani. Ciò è particolarmente vero per tutti quei pazienti che non hanno sufficiente compenso psicopatologico e che non sono collaborativi, come nel caso dei TSO. Ricoverarli in un reparto Covid ordinario, senza il supporto di una specifica assistenza, vuol dire mettere a rischio la loro salute e quella degli altri. Altrettanto impossibile pensare che possano essere gestiti in strutture ospedaliere o residenziali senza aree dedicate o camere isolate.

E’ necessaria una particolare tutela per la sicurezza di tutti gli operatori e in particolare del personale dei servizi territoriali che svolge attività di emergenza/urgenza, inclusi gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori (Tso), che sono 8 mila ogni anno, da 20 a 30 al giorno, facendo in modo che vengano dotati del massimo livello consentito di dispositivi di protezione individuali come camici impermeabili monouso, maschere FFP2, occhiali, sovrascarpe e guanti.

I loro interventi sono da considerare ad alto rischio, alla stregua degli operatori del pronto soccorso e del 118, in quanto assistono persone in stato di agitazione o non controllati in ambienti non protetti, in cui è possibile un contatto diretto con il paziente. Non dimentichiamo che in molti casi non si tratta di pazienti psichiatrici ma anche di casi associati all’uso di sostanze stupefacenti o all’abuso di alcol: tutte situazioni di alta reattività emotiva all’ambiente, come ad esempio aggressioni fisiche prolungate.

 

Paolo Furia, Segretario Regionale PD Piemonte

Maria Peano, Responsabile Sanità Segreteria Regionale PD