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Assemblea aperta sul futuro dell’Europa

L’assemblea regionale aperta sul tema dell’Europa e del nuovo assetto geopolitico, del 28 marzo 2025, rappresenta un  un primo momento di riflessione condivisa. Sono sicuro ne serviranno altre, ma è giusto e doveroso, che i diversi livelli del partito si confrontino seriamente in un momento come quello attuale.

Aprendo la mia relazione ho ricordato un’immagine del film  “la grande ambizione”. Il film parte con le immagini del golpe in Cile contro Salvatore Allende. Il regista fa quella scelta, giustamente, perché senza la comprensione del contesto internazionale non si può comprendere la parabola politica del PCI di Enrico Berlinguer, incluso il compromesso storico.

Questo vale anche oggi. Forse ancora di più. Ciò che accade nel mondo determina, condiziona gli equilibri e le scelte fatte a livello nazionale. 

Quali sono le caratteristiche principali di questo momento storico, considerato da tutti oramai un vero e proprio passaggio d’epoca?

  1. La crescita delle destre, anche estreme, nel mondo e in europa. Destre che tornano a fare della logica del capro-espiatorio, della chiusura e della violenza i loro punti fondamentali. Destre che sono organizzate e coordinate a livello planetario tra di loro, con parole chiave e percorsi rilanciati nei vari paesi. Si pensi a come viene affrontato il tema delle migrazioni o della libertà delle donne.
  2. La crisi della democrazia liberale, così come l’abbiamo conosciuta, con la crescita di democrature. Basta guardare a quanto succede in Ungheria, Turchia, i Israele. Persino negli USA: le persone vengono deportate, il Presidente dileggia il suo omologo canadese chiamalo do Governatore, gli europei vengono definiti “parassiti”, ogni giorno c’è una dichiarazione di annessione, vengono licenziati i giornalisti non allineati. 
  3. La concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochissime persone. Si stima che tra il 1995 e il 2022 la ricchezza posseduta dallo 0,001% degli individui sia raddoppiata, passando dal 3,3% al 6,9%. Questo significa che la ricchezza dello 0,001% è circa 20 volte maggiore rispetto al 50% della popolazione più povera. In molti Paesi, evidenzia il Rapporto, la ricchezza è concentrata in mano a pochi. La quota di ricchezza posseduta dall'1% degli individui più ricchi nei vari Paesi varia da poco meno del 15% a più del 50%.
  4. La concentrazione del potere informativo. Pochi privati posseggono e regolano le piattaforme sulle quali ciascuno di noi, giovani e adulti, passa ore e ore al giorno.
  5. Lo spostamento della catena del valore, della conoscenza tecnologica, e della ricchezza dall’Europa verso altri paesi, prima emergenti, ora vere e proprie potenze. Rispetto a tutte le tecnologie più importanti oggi (social, intelligenza artificiale, spazio), l’Europa risulta al momento dipendente da USA o Cina.
  1. La dinamica demografica che vede l’Europa invecchiare e Africa e Asia ringiovanire.

E’ in questa situazione che arriva la seconda elezione di Trump, che decide unilateralmente che, dopo 80 anni, anche il rapporto tra USA e Unione Europea deve cambiare radicalmente. Non più due aree unite da un destino comune, ma due aree del mondo che da oggi in poi viaggiano solo sulla base di convenienze. Con un cambio repentino anche di linguaggio e postura che non può che disorientare noi europei. Ma questo ultimo passaggio porta all’elemento di rottura e di cambiamento in una sfera  molto delicata: quella militare. Da sempre negli ultimi 80 anni, la sicurezza dei Paesi europei è stata garantita dalla potenza militare degli USA e dal ruolo di superpotenza che essi hanno interpretato nel mondo. Oggi, in un contesto altamente conflittuale, gli USA dicono, sostanzialmente, “dovete arrangiarvi”.

E’ finita l’epoca in cui avevamo “esternalizzato” alcune tipologie di conflitti perché essendo i più forti e i più ricchi siamo immuni da alcune dinamiche. Abbiamo smesso di essere i più ricchi e, nel momento in cui gli USA si isolano, ci ritroviamo immediatamente deboli in un contesto molto conflittuale. 

Le guerre sono in crescita e sono tornate a interessare anche l’Europa. 

Gli organismi internazionali sono in una crisi profonda, e con essi il diritto internazionale. Torna prepotente “il diritto della forza” nei rapporti tra stati.

Una forza che non si dispiega solo in ambito militare, ma coinvolge la tecnologia, il mondo dell’informazione (o della disinformazione), l’ingerenza nei processi democratici di altri paesi, inclusi quelli europei, la guerra commerciale . 

Siamo di fatto in un mondo nuovo, che ancora fatichiamo a conoscere. Ma che dobbiamo interpretare se vogliamo continuare a cambiarlo. Perché a questo serve la politica.   È inevitabile e necessario, quindi, che anche nel Partito Democratico si sia aperto un confronto su come affrontare questo momento e su quali siano gli strumenti e le strategie da mettere in campo. Non mi scandalizza il confronto, anzi, credo ce ne sia bisogno. Le posizioni complesse, fuori dalla logica del tweet, richiedono confronti approfonditi e un lungo lavoro di sintesi. Se non ora, quando? 

Guai a noi, però, se riducessimo tutto questo a mero posizionamento interno. Dobbiamo essere all’altezza del compito che ci viene richiesto. Dai cittadini ci arriva una richiesta di comprensione dei cambiamenti in corso e di guida verso il futuro e noi possiamo ridurre tutto alla domanda “con chi stai nel partito”. Sarebbe un grave errore.

Il livello della discussione deve stare su un altro  livello, consapevoli che anche dalle scelte che farà il PD potremo avere più o meno libertà, più o meno democrazia, più o meno sicurezza per i nostri cittadini. 

Il confronto, inoltre, non può essere solo “interno”. Deve essere fatto come minimo insieme a tutto il PSE perché questa è una battaglia, una traversata che non faremo da soli. 

Sappiamo che la strada maestra per affrontare questo mare in tempesta è quella dell’Europa politica, nel solco del sogno di Ventotene. Di quel manifesto in cui la Presidente del Consiglio dice di non riconoscersi, senza preoccuparsi di dire nulla sul fatto che chi l’ha scritto ha pagato con il carcere, il confino e la vita per liberarci dalla tirannia nazifascista. Lei che ancora l’altro giorno ha dimenticato che le fosse ardeatine furono una strage portata avanti con la complicità dei fascisti, lei che non riesce a dirsi anti-fascista!
Ecco, lei non può riconoscersi nel manifesto di Ventotene che è intriso del sacrificio dei tanti giovani della resistenza come hanno ricordato i nostri parlamentari, in particolare a Federico Fornaro, con passione e trasporto.! E il fatto che lei non si riconosca in quelle donne e in quegli uomini è per noi una conferma del fatto che quella sia ancora la strada giusta. Dobbiamo costruire l’Europa politica, quella che i nazionalisti come Meloni non vogliono. Un soggetto capace di esprimere una visione comune e di fare scelte condivise e di partecipare nello scacchiere internazionale con una sola voce. Occorre però davvero superare il meccanismo dell’unanimità e cominciare a farlo con chi ci sta. Come fu per l’Euro! Solo questo ci darà l’autonomia, l’autorevolezza e la forza di incidere e di contribuire a spostare l’equilibrio verso la diplomazia, il rispetto del diritto internazionale, la cooperazione e la pace. Da deboli e disuniti questo non accadrà perché saremo semplicemente irrilevanti. 

La risoluzione del Parlamento europeo sul libro bianco sul futuro della difesa europea è un testo complesso di 20 pagine suddiviso in 89 punti. Invito tutti a leggerla: il passaggio sul piano ReARM, di cui tanto si è discusso in Italia, non è il focus del documento. Nel documento si dicono tante altre cose. 

Dal secondo dopoguerra ad oggi gli Stati Uniti hanno garantito la sicurezza dell’Europa. Oggi non è più così e quindi occorre rendersi autonomi il più possibile da un punto di vista energetico, tecnologico, ma anche della difesa. A questo non c’è alternativa. Certo tutto questo non basta se non aggiungiamo l’elemento più importante, la necessità di costruire l’Europa politica, capace di dotarsi di una politica estera comune e di un esercito comune. Ma per farlo occorre superare, almeno in parte, le posizioni nazionaliste che in questo momento prevalgono in UE. Solo così potremo chiedere davvero che affianco al tema della deterrenza si porti avanti con convinzione un’idea delle relazioni internazionali basata non solo sugli equilibri di potenza, come vorrebbero Trump e Putin, ma sugli organismi internazionali e il superamento di una visione che vede la politica internazionale sempre come un gioco a somma zero.  Un’idea di relazioni internazionali dove si torni a parlare di cooperazione e disarmo. Ma l’UE non potrà farlo, però, da una posizione di debolezza.

Gustavo Zagrebelsky ha scritto:  La benevolenza non è garanzia contro gli abusi. La libertà rimessa alla benevolenza altrui non è libertà, ma soggezione. 

E’ in questo senso, secondo me, che dobbiamo intendere la difesa comune. Nell’ottica di evitare di appaltare la nostra libertà alla benevolenza altrui.

Certo, come spesso accade, la discussione in Italia assume toni particolari. 

Questa contrapposizione da stadio tra chi sosterrebbe la pace e chi, invece, sosterrebbe il partito della guerra è falsa e fuorviante. E’ figlia di una logica che, anche in questo caso, cerca di catturare consenso per le elezioni e non di agire con responsabilità.

E poi è figlia di un’anomalia italiana se guardiamo alla configurazione delle forze politiche, a come stanno insieme. C’è un disallineamento tra la configurazione delle forze politiche in Italia e quella Europea. Ovunque nascono maggioranze tra socialisti e popolari per arginare l’avanzata delle destre, mentre qui da noi Forza Italia governa con FDI e il centro sinistra mette insieme forze che nel Parlamento europeo non stanno tutte insieme. 

Tutti vogliamo la pace. Io sono un un obiettore di coscienza che ha don Milani tra i suoi autori di riferimento. Certamente la vuole il Partito Democratico.  Il tema è quale pace? A quali condizioni? Bobbio, parlando delle forme di pacifismo, ne indicava tre: quelle basate sulla forza, quella basate sulla spinta etica e quelle basate sul ruolo delle istituzioni, che lui preferiva e che affonda le radici nel progetto cosmopolita di Kant, caro anche a Jurgen Habermas. La spinta etica è ottima sul livello individuale, un po’ meno quando parliamo di stati. Restano due strade: quella dell’equilibrio tra forze e quella del diritto. Che stanno tra di loro in un equilibrio dinamico. Noi dobbiamo far prevalere il diritto: costruire istituzioni giuridiche trans-nazionali che abbiano autorità sui conflitti. 

La direzione per il PD è chiara: costruire l’Europa politica a partire dal sentirsi comunità di destino. Per questo eravamo in piazza a Roma lo scorso 15 marzo. Perché non bastano solo le idee, ma servono anche i sentimenti. Magari positivi da contrapporre a quelli negativi su cui punta la destra. Riprendendo Calamandrei dico che occorre unirsi “per dignità e non per odio” se  vogliamo “riscattare la vergogna e il terrore del mondo”.

Per costruire un futuro “con il segno più”, il nostro destino individuale, quello delle nostre famiglie e dei nostri Paesi, dipenderanno dalla nostra capacità di immaginare, pensare e costruire l’Europa politica, libera e autonoma. Solo così saremo autorevoli per continuare a promuovere diritti e giustizia sociale. L’alternativa è solo quella di essere spettatori o peggio sudditi.

Domenico Rossi - segretario regionale PD Piemonte

La seconda parte dell'evento è disponibile registrata qui: