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Lavoro, quelle modifiche sia alla manovra sia al Jobs Act

Cesare Damiano su Europa del 4/11/2014

1_damianoSono terminate la settimana scorsa le audizioni delle parti sociali e degli esperti di diritto del lavoro e abbiamo iniziato la discussione generale sul Jobs Act nella commissione lavoro della camera, con l’obiettivo di migliorarlo.

Rispetto al testo di partenza si sono già registrati degli avanzamenti al senato, ma pensiamo che alcune modifiche vadano fatte anche alla camera: prima fra tutte, l’inserimento del testo approvato dalla direzione del Partito democratico che prevede la tutela per i licenziamenti per motivi disciplinari, la parte relativa al cosiddetto articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Se vogliamo parlare di legge delega però, non possiamo tralasciare la relazione che intercorre tra i due provvedimenti: infatti, se ci saranno risposte convincenti nella legge di bilancio per quanto riguarda le risorse aggiuntive sugli ammortizzatori sociali e se il testo della legge verrà ripulito dalle contraddizioni più evidenti, sarà più facile affrontare la delega lavoro.

Dicevamo contraddizioni: come si fa, ad esempio, a sostenere che vanno privilegiate le politiche attive del lavoro se poi si tagliano per il quarto anno consecutivo le risorse destinate ai servizi erogati dai centri per l’impiego?

Quando si parla di deducibilità del costo del lavoro dall’Irap per l’attuale platea di lavoratori a tempo indeterminato (circa 6,5 milioni di persone), questa misura vale anche per i nuovi assunti nel 2015 e si sommerà all’incentivo fiscale previsto dal governo per i primi tre anni?

Se questi nuovi lavoratori non debbono essere aggiuntivi rispetto all’occupazione esistente, come recita il testo della legge di stabilità, non c’è il rischio che diventino occupazione sostitutiva a scapito degli attuali lavoratori?

Se il governo, oltre all’allargamento delle tutele a chi attualmente non ne fruisce, intende preservare gli interventi di carattere sociale, come mai si taglia il Fondo per la non autosufficienza e quello destinato ai lavori usuranti?

Si tratta di interrogativi di non poco conto che non sono indifferenti rispetto alla identità che vogliamo dare alla manovra.

Sul Jobs Act siamo ancora fermi alla idea di Renzi di non cambiare il testo votato dal senato con la fiducia? Se così fosse sarebbe molto grave perché si priverebbe la camera dei deputati di una qualsiasi possibilità di discussione e di correzione dei testi.n primo luogo, un problema di democrazia oltre che di contenuti. Per questo noi chiediamo con forza al governo di trovare un ragionevole compromesso che acquisisca i passi avanti compiuti con l’ordine del giorno della Direzione nazionale del Partito democratico.

Uno in particolare riguarda l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: per noi è irrinunciabile il fatto che si mantenga l’attuale tutela per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari. Ci sono poi altri punti che sono stati sollevati nel corso delle audizioni: si pensi, ad esempio, alla impossibilità di utilizzare la cassa integrazione di fronte alla cessazione dell’attività di una impresa.

Quello che noi chiediamo è di considerare quei casi nei quali può esistere una possibilità documentata di continuazione della attività da parte di una nuova azienda subentrante. Si tratterebbe, in sostanza, di prevedere un periodo-ponte per governare la transizione salvando posti di lavoro. Così come esistono numerosi problemi relativi alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ed alla particolare condizione dei lavoratori autonomi.

Per le Partite Iva autentiche intendiamo, anche quest’anno, richiedere il blocco dell’aumento dei contributi previdenziali all’attuale 27 per cento.

Come si vede si tratta di una situazione molto complessa: dopo la manifestazione di piazza San Giovanni, la Leopolda; le ingiustificate cariche della Polizia ai manifestanti della Thyssen Krupp, lo sciopero dei lavoratori di Meridiana e dei minatori del Sulcis, le cose non sono più come prima. La tensione sociale sta salendo pericolosamente e molti nodi occupazionali verranno al pettine. In questa situazione sarebbe preferibile abbandonare la strada dello scontro e che il governo aprisse quella del dialogo e del confronto con le parti sociali e con il parlamento.