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Borghi: La Corte Costituzionale accoglie il ricorso della Toscana, incostituzionale il 60% dei canoni alle province

“COME AVEVAMO PREVISTO, IL DECRETO A FIRMA LEGA ERA UN PASTICCIO. ORA RIFORMA”

Notizia col botto nel mondo delle autonomie locali montane. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 155 del 21 luglio, accogliendo uno specifico ricorso della Regione Toscana ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11-quater del DL 14 dicembre 2018, n° 135, meglio conosciuto come “DL semplificazioni”.

In particolare, è stato dichiarato incostituzionale il passaggio di legge che attribuisce alle province e alle città metropolitane il canone derivante dalla concessione di grandi derivazioni idroelettriche.

La Corte, infatti, accogliendo le istanze avanzate dalla Regione Toscana, ha da un lato stabilito la natura giuridica differente tra il canone demaniale di derivazione e il sovracanone di bacino imbrifero montano (attestante il primo a un pagamento di natura chiaramente dominicale e il secondo come prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici ) e dall’altro ha stabilito come – in omaggio alla competenza concorrente tra Stato e Regioni in materia di “Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, allo Stato spetti la competenza di definire i principi fondamentali della materia mentre spetti alle Regioni il compito della normativa specifica di settore.

Poiché nel “decreto semplificazioni” varato dal governo Conte I, su impulso della Lega, le norme statali di destinazione del canone demaniale ponevano un precetto specifico e puntuale -come il trasferimento di almeno il 60% del canone alle Province interessate- esse si sono configurate come norme di dettaglio, e di conseguenza in posizione di illegittimità costituzionale.

Sul punto, interviene il deputato democratico Enrico Borghi, della presidenza Pd di Montecitorio, che in qualità di consigliere delegato per la montagna del Ministro Francesco Boccia ha seguito la materia in questi mesi: “eravamo stati facili profeti, quando avevamo paventato la fragilità costituzionale del testo che la Lega ha voluto a tutti i costi imporre nel 2018 al Parlamento con voto di fiducia, e poi trasferire in legge regionale senza alcun reale confronto di merito in Regione Lombardia.

Quando abbiamo detto che con il decreto semplificazioni si creava un ginepraio giuridico che avrebbe avuto come unico risultato quello di bloccare il settore e penalizzare il territorio lo dicevamo a ragion veduta.

Ora ne arrivano i primi effetti. Appare sempre più necessaria una riforma della normativa, nei termini che come Partito Democratico abbiamo già avanzato e che sarebbe già stata operativa se la presidenza leghista della commissione bilancio di Montecitorio non si fosse messa di traverso con una inammissibilità del tutto discutibile.

Alla luce del pronunciamento della Corte, appare evidente l’esigenza di una armonizzazione della normativa seguendo il sentiero indicato dal giudice delle leggi per togliere dal campo gli elementi di confusione che rischiano di penalizzare territori e comparto”.