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Nuovo decreto e vecchi ballisti

Cesare Damiano su L’Unità del 1 maggio 2014

logo-unitaSul decreto lavoro abbiamo avuto nella scorsa settimana la prova di come la narrazione dei fatti possa essere fortemente compromessa e distorta da media non obiettivi e da partiti angosciati dall’appuntamento elettorale del 25 maggio. In particolare dal Ncd che si gioca la partita della soglia di sbarramento alle Europee. Le correzioni al decreto presentate e sottoscritte da tutti i ventuno parlamentari della Commissione lavoro della Camera (da chi al congresso ha votato Cuperlo, Civati o Renzi) sono state attribuite alla «minoranza del Pd», in particolare identificata con quei parlamentari che provengono dalla Cgil.

Per il Ncd aver militato in una grande organizzazione di lavoratori è di fatto una colpa, un peccato originale per il quale non esiste pentimento sufficiente. Lo stesso discorso evidentemente non vale per quei deputati che provengono dal mondo dell’impresa o delle professioni, dalla magistratura e così via. Fatto passare questo “marchio d’infamia” si è alzato il coro indignato di chi si dichiara sorpreso dal fatto che molti ex sindacalisti siano in commissione Lavoro: è un po’ come stupirsi di trovare quotidiani e riviste dal giornalaio.

Per buona pace dei censori della destra aggiungo che nella commissione ci sono anche ex Cisl, Uil e, se comprendiamo Forza Italia, nientemeno che l’ex segretaria generale dell’Ugl Renata Polverini e che persino uno dei due rappresentanti del Ncd ha dichiarato di essere stato sindacalista della Uil. Tutte persone che, per fortuna, di lavoro dovrebbero intendersene.

Impostato in questo modo il problema, si è passati alla fase successiva: le correzioni al decreto, volute dalla parte estremista del Pd subordinata alla Cgil (che peraltro ha criticato fortemente il testo del governo, anche dopo le correzioni), stravolgerebbero l’impostazione originale! Non sono bastate le ripetute dichiarazioni del ministro del Lavoro che ha affermato l’esatto contrario e cioè che le correzioni non toccano i fondamentali e che non c’è nessuno stravolgimento. Si è dimenticato di dire che tutti gli emendamenti approvati hanno avuto il consenso del rappresentante del governo, il sottosegretario Luigi Bobba.

Ha ragione Matteo Renzi quando afferma che si tratta di quisquilie da attribuire, più che al merito, alla campagna elettorale in corso. Pur di raggranellare lo zero virgola in più, la destra farebbe carte false.

Il colpo finale, in questa escalation di disinformazione, è avvenuto il 22 aprile, quando il governo ha messo la fiducia sul decreto. Poco prima, fallito il tentativo di mediazione tra i partiti della maggioranza avanzato dai ministri Boschi e Poletti, in una conferenza stampa Maurizio Sacconi e Nunzia di Girolamo, capigruppo del Ncd al Senato ed alla Camera, spiegavano che l’accordo era saltato perché il Pd aveva respinto l’intesa proposta dal governo: un falso clamoroso, il puro e semplice rovesciamento della verità. In realtà, alla fine della discussione, il ministro Poletti aveva raccolto le opinioni di tutti i partiti e formulato due proposte: la prima, minimale, consisteva nel modificare la sanzione prevista nel caso di superamento del 20 % del tetto previsto dei contratti a termine in rapporto all’organico complessivo, trasformando l’obbligo all’assunzione a tempo indeterminato in sanzione pecuniaria; un secondo punto riguardava l’inserimento nel preambolo del decreto di un riferimento al Contratto di Inserimento a tempo indeterminato contenuto nella delega del governo.

La seconda ipotesi, oltre a questi due punti, comprendeva anche la correzione proposta dal Ncd sulla formazione per gli apprendisti (la possibilità di scelta tra formazione pubblica o privata da parte dell’imprenditore, peraltro già contenuta nelle linee guida del governo Letta) ed il passaggio da 5 a 4 proroghe richiesto dal Pd.

Su queste proposte il sottoscritto, il capogruppo Roberto Speranza ed il capogruppo della commissione Lavoro Maria Luisa Gnecchi, abbiamo acconsentito. Chi ha detto no è stato il Ncd, che aveva chiesto di sospendere la riunione per un confronto interno.

Si parla spesso delle ideologie di sinistra e meno sovente di quelle di destra. In questi giorni, tuttavia, si è avuta conferma che una parte della destra nutre un vero pregiudizio nei confronti dei diritti dei lavoratori che si evidenzia peraltro con una ossessione deregolatoria, nel presupposto che i dipendenti abbiano cattive inclinazioni dalle quali bisogna proteggersi con il minor numero di tutele possibili. Si tratta del prolungamento di quella teoria neoliberista, figlia della destra, che ci ha portato in questa drammatica situazione.

Se si vuole inventare la “corrente” dei sindacalisti della Cgil, perché dimenticare quella dei socialisti craxiani che sono passati armi e bagagli prima in Forza Italia e che adesso sono in gran parte trasmigrati nel Ncd? Politici che hanno teorizzato e perseguito lo smantellamento dello stato sociale, l’iperflessibilitá del mercato del lavoro (utilizzando impropriamente Marco Biagi, che nei suoi scritti ha sempre sostenuto la necessità di un equilibrio tra le ragioni dell’impresa e quelle dei lavoratori, come ha recentemente ricordato il suo allievo ed erede Michele Tiraboschi) e la divisione sindacale come strumento di governo dei processi di crescita e di innovazione del Paese.

Una visione puramente ideologica che, di recente, ha persino impedito che venisse discussa al Senato la legge sulle dimissioni in bianco approvata di recente dalla Camera che, oltre a tutelare meglio i lavoratori, semplifica il processo burocratico a carico dell’impresa rispetto al precedente dispositivo dell’ex ministro Fornero. Ma si sa che in campagna elettorale tutto fa brodo.

Per noi restano i contenuti ed il merito delle questioni ed è per questo che ci auguriamo che la conversione del decreto proceda speditamente.

Il Pd ha semplicemente operato in modo serio e riformista per modificarlo positivamente, a partire dalla diminuzione delle proroghe da 8 a 5 per i contratti a termine, fino al reinserimento dell obbligo della formazione per l’apprendistato. Con le modifiche della commissione Lavoro della Camera si è trovato un migliore equilibrio tra lavoro ed impresa.

Ulteriori correzioni ci potranno essere al Senato a condizione che siano minime e che tengano conto delle richieste di tutti i partiti della maggioranza come proposto dal ministro Poletti.