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L’AUTONOMIA SECONDO IL PD

Serve un modello che rispetti i principi di unità e solidarietà della Repubblica, che migliori i servizi nell’intero Paese, che assicuri una giusta allocazione di risorse, che veda il Parlamento al centro

di Andrea Giorgis Segreteria nazionale PD – Riforme istituzionali, Antonio Misiani Deputato Pd, Marina Sereni Segreteria nazionale PD – Enti locali e Autonomie

su Huffingtonpost del 18 luglio 2019

Proponiamo un modello di autonomia giusta, che rispetti i principi di solidarietà su cui si fonda la Repubblica, “una e indivisibile”, e che miri al miglioramento e all’efficienza dei servizi nell’intero Paese.

La Costituzione riconosce e promuove le autonomie locali, con l’obiettivo di avvicinare le istituzioni ai cittadini e favorire la responsabilità, la coesione sociale e una migliore capacità di programmazione e di organizzazione dei servizi.

Siamo contrari a modelli di autonomia che spingano verso una separazione giuridica, economica e sociale delle Regioni dallo Stato, e in particolare dei territori più forti e dinamici da quelli più fragili.

Le suggestioni leghiste di istituire nuove Regioni a statuto speciale o di trattenere sui territori i cosiddetti residui fiscali hanno avvelenato il confronto di questi mesi, rendendo impossibile qualsiasi concreto passo in avanti.

Il regionalismo differenziato, previsto nell’art.116, a nostro avviso, va interpretato e fatto vivere alla luce dei principi fondamentali contenuti nei primi articoli della Costituzione e nel Titolo V: i principi cioè di una democrazia plurale ed “emancipante” e di un regionalismo cooperativo e solidale.

Per queste ragioni, mentre il governo giallo-verde continua a litigare e ad alimentare incertezze e divisioni nel Paese, riteniamo utile richiamare alcuni punti per noi irrinunciabili.

Per quanto riguarda le materie e le funzioni, per esempio, non possiamo che esprimere contrarietà verso ipotesi che puntino a regionalizzare l’istruzione, e in particolare l’inquadramento del personale.

I dati Invalsi ci dimostrano come, in un quadro di grande difficoltà complessiva del nostro sistema scolastico, il divario tra Nord e Sud del Paese sia davvero drammatico.

Allo stesso modo siamo contrari a trasferire alle Regioni infrastrutture strategiche, reti energetiche, il demanio ferroviario, portuale, aeroportuale e autostradale, come invece vorrebbe la Lega e chiedono alcune Regioni.

Per quanto riguarda l’attribuzione di risorse, riteniamo sia da escludere decisamente qualsiasi ipotesi fondata sul criterio della spesa media procapite – che finirebbe per accentuare i divari territoriali già esistenti – mentre riteniamo necessario individuare, oltre al criterio della “spesa storica”, meccanismi che consentano a tutte le regioni di beneficiare, secondo un principio di solidarietà, di una parte dei vantaggi (anche di carattere finanziario) del recupero di efficienza connessi all’autonomia.

Ogni differenziazione deve insomma essere definita e attuata nella prospettiva dell’interesse nazionale, ovvero nella prospettiva di una migliore e più efficiente allocazione delle risorse ed organizzazione dei servizi al fine di promuovere una crescita che non lascia indietro nessuno e determina le condizioni per l’uguale ed effettivo esercizio da parte di tutti i cittadini dei diritti fondamentali che la Costituzione e le Carte europee e internazionali riconoscono.

In questa logica, affinché migliori davvero il funzionamento del sistema Paese, è necessario garantire certezza e programmabilità delle risorse, superando la logica del “giorno per giorno”.

Sul piano del percorso istituzionale, è pregiudiziale che il Parlamento possa discutere e intervenire pienamente sulla materia, poiché ogni attribuzione di competenza (ulteriore e differenziata alle Regioni a statuto ordinario) deve essere valutata in termini di interesse nazionale.

Crediamo che sia necessario affermare un ruolo del Parlamento anche nella fase di attuazione dell’autonomia differenziata, al fine di monitorarne gli effetti, di cui in ogni caso va prevista la possibilità di revoca. In questo quadro sosteniamo l’opportunità, come da tempo propongono numerosi studiosi, che il Parlamento approvi una legge quadro per garantire un’attuazione dell’art.116 equilibrata e coerente con il complesso quadro costituzionale.

Occorre cioè una legge che definisca: le condizioni per accedere all’autonomia differenziata; le specifiche funzioni per cui è possibile concedere l’autonomia nell’ambito più generale delle materie individuate dall’art. 117 della Costituzione; una cornice nazionale, di tipo finanziario e organizzativo, che assicuri fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per tutti i territori e tutti i cittadini e che preveda, in concreto, modalità di perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Non si tratta di prendere tempo, rinviando sine die alla puntuale definizione di fabbisogni e Lep ma, al contrario, di definire una cornice nazionale chiara entro cui iscrivere le iniziative delle singole Regioni ed entro la quale valorizzare il protagonismo delle autonomie locali, uscendo da una dimensione strettamente bilaterale delle intese tra Governo e Regioni interessate.

Una cornice nazionale che deve a nostro avviso essere definita attraverso un percorso trasparente, partecipato e condiviso che coinvolga le forze politiche, le organizzazioni sociali, le Regioni e tutti i diversi livelli istituzionali locali in cui si articola la Repubblica.